Agli allevatori che chiedevano l’etichetta d’origine obbligatoria l’Europa ha risposto rinviando
Gli allevatori di conigli chiedono che anche per le loro carni siano adottate regole analoghe a quelle già in vigore per quelle bovine e suine. Per queste ultime, è diventata obbligatoria l’indicazione della provenienza delle carni per salumi e insaccati: una norma pensata per tutelare il consumatore e al contempo ridare forza ad un mercato da tempo in una situazione di profonda crisi.
A condizionare pesantemente il mercato delle carni di coniglio sono le importazioni di prodotti a basso prezzo: stando alle rilevazioni di Ismea, a fine gennaio si è vista una caduta importante del prezzo a 2,21 euro al chilo, pari ad un improvviso -7,919%.
Per questo gli allevatori hanno inoltrato a Bruxelles una specifica richiesta alla quale ha immediatamente risposto formalmente la Commissaria alla Salute, Stella Kyriakides: «la Commissione valuterà la possibilità di proporre l’estensione a determinati prodotti dell’obbligo delle indicazioni di origine o di provenienza, tenendo pienamente conto degli impatti sul mercato unico». Di fatto, un rinvio al futuro, a quando andrà a regime la nuova PAC, oltre il 2022.
Nella sua risposta, Stella Kyriakides ricorda comunque quelli che già oggi sono i meccanismi che garantiscono la sicurezza e la tracciabilità dei prodotti alimentari nella legislazione europea e che sono i singoli Stati membri ad essere responsabili di assicurare la correttezza di tutto il percorso dalla produzione al consumo.
Anche per quelle che sono le importazioni Paesi terzi, quelli fuori dalla Ue, i regolamenti per i controlli sono severi e devono essere condotti da ciascuno Stato. Controlli che attestino la conformità delle carni importate agli standard e ai requisiti richiesti per le produzioni comunitarie. Per il momento, quindi, da parte della Ue non si pensa ad adottare una specifica normativa per tutelare la produzione di conigli, che oltretutto riguarda solo alcuni dei Paesi comunitari.