Se gli agricoltori italiani sono preoccupati per le conseguenze sulle nostre esportazioni verso una Gran Bretagna fuori dalla Ue, va anche peggio per i colleghi d’oltremanica: secondo un rapporto della Commissione per l’Ue della Camera dei Lord, con la Brexit il settore agroalimentare del Regno Unito rischia dazi elevati e barriere non tariffarie che, in caso di non accordo tra Ue e Londra, metterebbero a rischio quasi 20 miliardi di esportazioni l’anno. E nel rapporto è messa in evidenza anche la dipendenza dell’agricoltura britannica dalla manodopera straniera.
Tra il 70 e l’80% delle esportazioni agroalimentari del Regno Unito trovano sbocco nella Ue; un dato questo che sale al 97% se si considerano i flussi diretti verso mercati che con l’Ue hanno accordi commerciali. Accordi che Londra dovrebbe rinegoziare da zero. Nel 2015 l’export agroalimentare d’Oltremanica valeva 21 miliardi di euro e le importazioni, provenienti per l’80% da paesi Ue, 44 miliardi di euro.
Comunque crescerà la concorrenza dei vini dell’emisfero sud
Nel rapporto “Brexit and trade: a double challenge” che il think tank brussellese Farm – Europe ha consegnato nei giorni scorsi al negoziatore per la Brexit della Commissione Europea Michel Barnier, si legge che sia che la Brexit finisca con un accordo di libero scambio tra Ue e Regno Unito, sia che si concluda senza alcun accordo, i produttori di vino, latticini e carni bovine dell’Ue a 27 devono comunque attrezzarsi a una concorrenza più agguerrita di operatori di altre parti del mondo.
Anche nel caso Gb e Ue si lasciassero riuscendo a cambiare poco delle attuali relazioni commerciali, sottolinea lo studio, Londra avrà mani libere per stringere accordi di libero scambio con i paesi del “nuovo mondo” del vino (Australia, Nuova Zelanda, Cile e Sudafrica), con la prospettiva di una riduzione della quota di mercato dei vini europei.