Il Veneto riapre la via seta, trasformata in agroalimentare di qualità. Lo fa in forma moderna, preparata, con aziende che hanno imparato a muoversi dentro le regole del mercato cinese e la cultura del grande Paese dell’est, potenzialmente il più grande mercato di consumo del mondo, in crescita anche se “solo” ad una cifra percentuale. «Abbiamo lavorato a lungo con il sistema agricolo e agroindustriale della regione per questo appuntamento, che apre una azione di incoming che vuole essere molto forte e determinata», sottolinea l’assessore all’agricoltura Franco Manzato, a capo di una delegazione economica che, dopo le tappe istituzionali di Pechino e di Nanchino, è alla Fiera Agricola Agriexpo di Yancheng, dove interverrà al Forum “International Agricultural Investment and Trade”. Nella capitale cinese, Manzato e la delegazione veneta hanno incontrato il preside della facoltà di Agraria dell’Università Pechino Han Bei-zhong, con il quale si è anche parlato di possibili collaborazioni con l’Istituto “Cerletti” di Conegliano. Il Veneto rappresenta circa il 6% degli ettari destinati all’agricoltura in Italia, ma il valore della sua produzione agricola è pari a circa 5,5 miliardi euro ed incide per una quota del 10,5% sul totale nazionale.
Missione veneta in Cina: una regione che può crescere del 12%
L’approccio al mercato cinese in funzione dell’agroalimentare è iniziato in Veneto oltre un anno fa, con incontri informativi, selezione delle imprese e corsi di formazione per imprenditori, organizzati con la collaborazione della Fondazione Italia Cina e dell’Università di Ca’ Foscari.
«Partiamo da una constatazione – afferma Franco Manzato – e cioè che l’export agroalimentare del Veneto vale complessivamente, dati 2013, oltre 5 miliardi 116 milioni di euro, con una crescita di oltre il 6 per cento rispetto all’anno precedente. Però solo una parte infinitesima, poco meno di 37 milioni di euro in valore, finisce in Cina, dove vive oltre un quinto degli abitanti del pianeta e che sta diventando il più interessante mercato di consumo del mondo. Il Veneto è una regione capace di uno sviluppo economico del tutto analogo a quello cinese se fosse indipendente e non subisse la burocrazia e l’esasperato carico fiscale dello Stato. Uno studio dell’Unioncamere, con proiezioni economiche elaborate in tre anni di lavoro, certifica che il Veneto risparmia ogni anno 14 miliardi di euro ma, risparmiando sulle spese di funzionamento dello Stato, si arriverebbe a 35,4 miliardi di euro: capitali – conclude Manzato – che permetterebbero di liberare risorse per investimenti pubblici, anche con una riduzione delle tasse, con la possibilità di far crescere in un anno il PIL a più 12%».