Il Consiglio Nazionale della Green Economy, che raggruppa 65 organizzazioni di imprese green, ha approvato il documento elaborato con un ampio processo partecipativo dai gruppi di lavoro degli Stati Generali della Green Economy: un Manifesto che, tradotto in inglese e francese, sarà diffuso a livello internazionale, e che punta a proporre, in occasione di Expo 2015, alcuni indirizzi di green economy per l’agricoltura che provengono da una riflessione radicata nel modello italiano ma che possono avere una valenza generale.
Sette le proposte del Manifesto che vanno dall’assicurare uno sviluppo durevole e di qualità della produzione agroalimentare al coordinamento della multifunzionalità con la priorità della produzione di alimenti. C’è poi la richiesta di attuare misure di mitigazione e di adattamento alla crisi climatica, e quella di superare modelli agricoli non più sostenibili e promuovere la diffusione delle buone pratiche. I punti successivi sottolineano la necessità di tutelare la sicurezza alimentare, di fermare lo spreco di alimenti e di contrastare le minacce alla produzione agroalimentare e ai suoli agricoli modificando le attuali leggi per la gestione dei suoli. Il tutto sottolineando che il modello agricolo italiano, pilastro dell’economia nazionale, ha saputo individuare vie di sviluppo e di successo coniugando i migliori ingredienti di una green economy: elevata qualità, tipicità e territori.
Un Manifesto in sette punti per una agricoltura green
«Questo Manifesto – ha detto Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che è l’organismo di supporto del Consiglio nazionale della green economy – espone il punto di vista della green economy sulla produzione agroalimentare, articolato in proposte sui temi cruciali per l’agricoltura della nostra epoca».
In questo contesto è da tenere presente che la produzione di energia rinnovabile di origine agricola è cresciuta da 6 a 7,8 milioni di Tep tra il 2010 e il 2012 e oltre 21.500 aziende agricole possiedono impianti per la produzione di energia rinnovabile. Non solo: l’agricoltura italiana ha ridotto le emissione di gas serra di 10 Mton di CO2Eq dal 1990 al 2013 ed è responsabile del 7,1% delle emissioni di gas serra nazionali. In flessione anche il consumo di fitofarmaci passati da 11,2 Kg/Ha nel 2010 a 9,2 nel 2013. Inoltre il 10% della superficie agricola italiana è occupata da coltivazioni biologiche (1,3 mln ettari) e l’Italia è seconda in Europa per coltivazioni bio subito dopo la Spagna.
Permangono alcune criticità, tra le quali l’aumento delle frodi alimentari che colpiscono i prodotti del Made in Italy e la continua riduzione della superficie agricola calata dai 15 milioni di ettari nel 1990 e ai 12,8 nel 2012, mentre consumo del suolo continua a crescere a un ritmo di 55 ettari al giorno nel 2013.