Greenpeace pubblica oggi il rapporto “Erbe cinesi: elisir di salute o cocktail di pesticidi?” dove rivela che prodotti legati alla medicina tradizionale cinese a base di erbe in vendita in Italia, altri Paesi europei e Nord America, possono contenere un cocktail tossico di residui di pesticidi, anche superiori ai Limiti Massimi di Residui (LMR) ammessi. Dei 36 campioni testati da Greenpeace e provenienti da Italia, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, Canada e Stati Uniti, 32 contengono residui di tre o più pesticidi. Nei campioni di caprifoglio acquistati in Canada e Germania, per esempio, sono stati trovati rispettivamente 24 e 26 pesticidi.
Mentre in Italia, in soli tre campioni è stata riscontrata la presenza di ben 23 residui di antiparassitari diversi, tra cui due vietati in Cina (carbofuran e phorate). I risultati ottenuti dimostrato che in questi mercati i consumatori sono potenzialmente esposti a pesticidi classificati come estremamente pericolosi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Questi risultati sono la seconda parte di un’indagine di Greenpeace Est-Asia e già la prima serie di dati dimostrava la presenza di allarmanti residui di pesticidi nei prodotti locali a base di erbe venduti in Cina, confermando l’urgenza di porre fine all’uso di prodotti chimici nell’agricoltura intensiva di stampo industriale.
Allarme pesticidi: richiesti controlli più severi alla Ue
A seguito dei dati emersi dall’indagine Est-Asia, Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace, ha rilasciato una dichiarazione nella quale si sottolinea: «chiediamo alle autorità europee controlli e sistemi di monitoraggio più severi per escludere la presenza di residui di antiparassitari nei prodotti alimentari. Le aziende, inoltre, devono adottare sistemi di verifica efficaci per gli alimenti importati, distribuiti o venduti direttamente ai consumatori. Così facendo potremo sia fare acquisti senza temere di portare un cocktail di pesticidi sulle nostre tavole, che iniziare a invertire il trend in crescita dell’utilizzo di antiparassitari in agricoltura».
Greenpeace ritiene inoltre necessario aumentare i finanziamenti da destinare alla ricerca pubblica per pratiche agricole ecologiche e in particolare per l’applicazione di alternative sostenibili per il controllo dei parassiti rispetto al pesante utilizzo di prodotti chimici. «Invece di aspettare che le api spariscano per sempre o che la contaminazione da sostanze chimiche coinvolga altri prodotti alimentari, l’Italia e gli altri Paesi europei dovrebbero agire subito per agevolare la transizione verso un’agricoltura sostenibile» conclude Ferrario.