E’ stato firmato a Venezia l’ennesimo protocollo in difesa delle tipicità lagunari, quali il vetro artistico di Murano, i merletti di Burano, le maschere carnevalesche. La novità? Il coinvolgimento delle associazioni consumatori ed un po’ di risorse (15.000 euro complessivi per gli anni 2014 e 2015…) per permettere eventuali indagini chimico-fisiche da parte degli ispettori della Camera di Commercio. Viene da chiedersi: se queste sono le novità, la pletora di accordi, intese, proclami finora “strombazzati”, tutta “fuffa”? Se gli industriali possono essere ricompresi nel consorzio di promozione (hanno sottoscritto Regione Veneto, Comune Venezia, Camera Commercio Venezia, Associazioni Artigiane, Consorzio Promovetro), assai più rilevante è la mancanza delle associazioni dei commercianti. Si calcola che i prodotti contraffatti sottraggano il 60% del fatturato del vetro muranese, calcolato in circa 180 milioni di euro. Se è bene rimarcare ancora una volta che “i traditori sono tra noi” (la paccottiglia orientale sono perlopiù italiani a spacciarla per originale), qualcuno può pensare che tali truffe transitino in gran quantità attraverso le sole botteghe artigiane? Duro a crederlo, così come duro è credere che il problema sia tutto nella tutela del marchio Vetro Artistico di Murano, inteso come etichetta, garanzia di originalità. La questione non è un’immagine facilmente clonabile, ma i contenuti, che trasmette. La tutela della venezianità dei prodotti passa attraverso l’innovazione tecnologica; i sistemi (RFiD, NFC, sigillo informatico, ecc.) sono stati presentati, ma applicati solo in singole esperienze. Farli diventare patrimonio diffuso è la scommessa da vincere, su cui misurare il reale impegno a sconfiggere interessi forti: per vincere le guerre servono armi sofisticate, non arco e frecce (aldilà delle buona volontà).
Fabrizio Stelluto