Oltre 50mila capi di abbigliamento con marchio Dolce&Gabbana contraffatto: è stato da questo sequestro che sono scattate a Roma le indagini degli uomini delle Fiamme gialle del gruppo Fiumicino che hanno permesso di sgominare una banda italo-cinese specializzata nell’importazione e nel commercio di capi d’abbigliamento contraffatti e nel contrabbando di sigarette. Otto persone, quattro italiane e quattro cinesi, sono finite in carcere e altre diciotto sono state denunciate. Secondo gli investigatori, il gruppo aveva base a Roma, ma ramificazioni in diverse aree d’Italia: da Napoli a Milano, dalla Puglia alla Sicilia.
La banda aveva sviluppato una rete in grado di far giungere con tempestività partite di merci contraffatte, riducendo il rischio di stoccaggio e aumentando i profitti. Le indagini hanno anche permesso di individuare, al porto di Livorno, un carico di dieci tonnellate di sigarette di contrabbando destinato a Roma.
Centromarca valuta l’«industria del falso» pari al 9% del Pil mondiale e la Guardia di Finanza stima che la contraffazione generi oltre 5 miliardi di euro che vengono “ripuliti” attraverso i canali di money transfer. L’ultimo Rapporto del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) sull’infiltrazione della mafia cinese evidenzia come la contraffazione sia il principale business delle organizzazioni criminali cinesi «a cui prendono parte esponenti delle organizzazioni mafiose italiane». Tra il 2008 e il 2010, su 200 persone arrestate dalla Gdf, il 50% era italiano, mentre il 64% della produzione di merce contraffatta è cinese. Nel 2010, prosegue il rapporto, le Fiamme Gialle hanno sequestro 110 milioni di prodotti cinesi contraffatti. L’abbigliamento, con 37 milioni di sequestri, fa la parte del leone, e la provincia di Roma ha i valori più alti in Italia per il reato di contraffazione.