Il Consiglio dei Ministri ha varato lo schema di decreto attuativo che reintroduce l’obbligo di indicare sulle etichette alimentari lo stabilimento di produzione o confezionamento. Come si ricorderà, tale obbligo era stato cancellato dal 13 dicembre 2014 da una disposizione europea contro la quale l’Italia si era sempre schierata. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sottolinea che la reintroduzione dell’obbligo è stato deciso, oltre che per garantire una corretta informazione al consumatore, anche per permettere una più immediata rintracciabilità degli alimenti da parte degli organi di controllo.
La legge di delega, precisa il Mipaaf, affida la competenza per il controllo del rispetto della norma e l’applicazione delle eventuali sanzioni all’Ispettorato repressione frodi (Icqrf). Il provvedimento prevede un periodo transitorio di 180 giorni, per lo smaltimento delle etichette già stampate.
Una norma solo nazionale, ma l’Italia si batterà per farla diventare UE
«Questo provvedimento – ha commentato il Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina – si inserisce nel lavoro che stiamo portando avanti per dare massima informazione ai cittadini sugli alimenti che consumano. Per questo abbiamo voluto inserire di nuovo l’obbligo di riportare in etichetta lo stabilimento di produzione dei cibi. Diamo una risposta anche alle tantissime aziende che hanno chiesto questa norma e hanno continuato a dichiarare lo stabilimento di produzione nelle loro etichette».
Il limite della norma è il suo carattere nazionale e non sarà obbligatoriamente applicabile ai prodotti alimentari confezionati fuori Italia. Questo potrebbe essere un aggravio per l’industria italiana oppure un ulteriore elemento di promozione presso quei consumatori che, sempre più numerosi, cercano prodotti italiani di qualità.