La maggioranza degli incauti acquirenti ha preferito patteggiare una sanzione pecuniaria di 200€
Parlando di contraffazione e sequestri di abbigliamento, solitamente i ‘numeri’ fanno riferimento ai capi rinvenuti o al loro valore. In questo caso invece sorprende quanti siano state le persone finite in caserma. Protagonisti i finanzieri del Comando Provinciale di Viterbo che hanno individuato diversi cittadini, in diverse provincie su tutto il territorio nazionale, che avevano acquistato capi di abbigliamento ed accessori contraffatti, attraverso un profilo Facebook.
A crearlo appositamente e a gestirlo era un commerciante del viterbese che, attraverso uno pseudonimo “virtuale”, metteva in vendita, a prezzi decisamente inferiori a quelli dei prodotti genuini, centinaia di capi d’abbigliamento recanti i marchi contraffatti di tutte i più famosi brand del settore abbigliamento: a giustificazione del prezzo evidentemente troppo basso agli acquirenti veniva detto che si trattava di merce proveniente da un non meglio definito “mercato parallelo”.
Le indagini sono state condotte anche grazie alla fattiva collaborazione delle stessa Facebook e, oltre alle investigazioni tradizionali con pedinamenti e controlli, hanno permesso di risalire non solo all’identità del venditore, ma anche di un gran numero di acquirenti che, conseguentemente, sono stati sanzionati.
Le attività d’investigazione operate dai militari della Compagnia di Viterbo, che hanno integrato i dati provenienti dai canali d’acquisto dei materiali (cioè i pagamenti postpay, bonifici, ecc.), i buoni di consegna sul territorio operati dai corrieri, l’analisi del cellulare sequestrato ed i nominativi ritrovati in agende e documenti rinvenuti durante le perquisizioni, permettevano inoltre di risalire l’intera filiera del falso, dal fornitore dei materiali contraffatti ai molteplici acquirenti.
Oltre 100 “acquirenti finali” sono stati convocati singolarmente in caserma e a loro è stata contestata la violazione della legge sulla contraffazione. Come è noto infatti è prevista una sanzione, da 100 a 7.000 euro, per chi compra “senza averne prima accertata la legittima provenienza di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale”.