La fase industriale della filiera olivicolo-olearia genera un volume d’affari di quasi 3 miliardi di euro, pari a circa il 3% del totale del fatturato dell’industria agroalimentare. La fase industriale presenta contorni sfumati, in quanto le aziende che hanno come core business l’imbottigliamento sono circa 300 unità sul territorio nazionale, perlopiù localizzate al Centro-Nord (in particolare Umbria e Toscana), mentre molti frantoi integrano al loro interno sia l’attività di imbottigliamento, sia la successiva attività di commercializzazione. All’Italia è, in maniera unanime, riconosciuta una grande capacità di selezionare miscele apprezzate anche all’estero.
Questi alcuni dati che emergono nel corso della presentazione al Mipaaf del premio speciale per Expo di “Ercole Olivario 2015”. A livello internazionale, l’Italia è il secondo produttore dopo la Spagna, il primo importatore e il secondo esportatore, in quanto per uso ormai consolidato importa olio sfuso ed sporta olio confezionato. I principali mercati di destinazione sono paesi tradizionalmente importatori come gli Stati Uniti e la Germania, mentre l’Italia fa più fatica a trovare un giusto posizionamento di mercato in Cina e Russia, dove la Spagna è riuscita a trovare spazi prima dell’Italia. Considerando che l’Europa detiene il 70% della produzione mondiale, all’interno dell’Unione l’Italia detiene un quota pari a circa il 20%.