«In una nota catena di grande distribuzione, nella provincia di Vibo, l’angolo dedicato alle eccellenze enogastronomiche calabresi esponeva, tra la ‘nduja ed altri noti prodotti, una Cipolla Igp di Tropea, che però di calabrese non aveva proprio nulla, essendo stata prodotta in Emilia Romagna». La denuncia è stata fatta da Innocenza Giannuzzi, presidente di Agricoop Calabria.
La contraffazione provoca un forte danno economico per le imprese che può essere misurato dalle “mancate vendite alla perdita di immagine e credibilità del marchio, sino alle spese legali per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, nonché alla riduzione degli investimenti in ricerca, innovazione e marketing”. L’Agricoop ricorda quindi che le imprese “subiscono l’effetto della frode legata alla contraffazione in due sensi: quella tipica del prodotto contraffatto e quella, molto più lesiva, legata all’etichettatura erronea o falsata del Made in Calabria, prodotti, cioè che non hanno diritto al marchio e non sono esposti nell’area dedicata alle eccellenze, ma che vengono comunque etichettati ed esposti come prodotti Made in Calabria, impossessandosi indebitamente di quel valore aggiunto proprio della filiera calabrese.
La garanzia di tutela del consumatore e delle produzioni può essere offerta solo dall’Europa
Per tutelare il Made in Calabria dalle frodi e dalle infiltrazioni malavitose, sostiene Innocenza Giannuzzi: «è necessaria una politica commerciale chiara, con la definizione di un sistema internazionale di concorrenza leale attraverso regole di trasparenza comuni sull’origine del prodotto ed anche con una reale forte alleanza con i consumatori. Si deve trasferire la lotta alla contraffazione alimentare all’Unione Europea, dove è alta l’attenzione verso la difesa del consumatore. Non è più tollerabile che le eccellenze e la nostra Calabria non siano tutelate, che tutto sia affidato al caso e alla superficialità. Il rispetto di un prodotto equivale al rispetto della sua terra, che i controlli siano fatti costantemente».