Promuovere il commercio elettronico legale è fatto certamente positivo, ma non può portare ad avere un comportamento accondiscendente su pratiche che non siano pienamente legali: così la UE ha intrapreso un’azione nei riguardi del famoso sito eBay sulla contraffazione online. Finora la giurisprudenza si è espressa valutando che sono gli utenti e non eBay a mettere all’asta prodotti contraffatti. Ma l’Europa chiede al sito di aste di monitorare in modo più stretto la vendita per assicurare la legalità dei prodotti.
Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, bisogna distinguere: il ruolo del marketplace è neutro se eBay si limita ad ospitare “bancarelle” di oggetti contraffatti; invece migliorando la presentazione di alcune offerte, supportando l’assistenza agli utenti, monitorando e gestendo i dati relativi a prodotti e offerte, e quindi “ottimizzando le performance” di vendita, il ruolo di eBay sconfina nella corresponsabilità attiva.
A quel punto si configura il reato di abuso del marchio. In caso di violazioni, ogni paese potrà immediatamente imporre lo stop alle vendite illecite. Ma i detentori dei marchi non dovranno abusare di questa possibilità per ostacolare l’e-commerce lecito. Dovranno invece moderarsi ai soli casi di violazione e complicità con i venditori abusivi.
Il calvario di eBay è iniziato con la prima denuncia nel 2006 da parte di Louis Vuitton e Dior Couture. Nel maggio 2009 ci furono le cause L’Orèal e Tiffany. Oggi la decisione della Corte Europea mette un punto fermo sulla vicenda: eBay è un intermediario, una piattaforma che ospita relazioni commerciali fra i suoi utenti, ma può sconfinare in un “ruolo attivo” di complicità in alcuni casi.