Mentre gli italiani si fasciano già la testa pensando a quello che potrà essere il protezionismo negli Stati Uniti promesso dal presidente Trump, i produttori francesi di vino conquistano nuove fasce di mercato e negli Usa raggiungono quella che era la leadership tricolore. I dati sono quelli diffusi dall’Osservatorio Paesi terzi a cura di Business Strategies: ormai è testa a testa tra Italia e Francia sul mercato statunitense, con uno scarto che si è assottigliato sempre più e che ora è di appena 8 milioni di euro su valori che superano il miliardo.
«Mentre i nostri strumenti di promozione vanno a rilento, affossati da burocrazie e incertezze – dice Silvana Ballotta, Ceo di Business Strategies – quelli transalpini, che sulla carta sarebbero gli stessi, funzionano benissimo e il risultato è che dopo 16 anni i francesi ci hanno agganciato nel primo mercato al mondo».
Meno burocrazia e più creatività per gli strumenti di promozione del prodotto italiano oltreoceano
I dati dell’Osservatorio sono elaborati sulle rilevazioni dell’agenzia delle Dogane e fanno riferimento ai primo 8 mesi dell’anno. Ne emerge un boom di vendite transalpine del +18,9% e allo stesso tempo di un incremento debole rispetto al mercato del prodotto Made in Italy pari ad appena il +4%, cioè la metà della crescita media delle importazioni di vino negli Usa che è stata del +8,6%. A far la differenza però, come è noto è soprattutto il prezzo spuntato dai vini francesi con un prezzo medio fissato a 9,7 euro al litro, contro i 4,9 euro dei vini italici.
«Quest’anno la domanda di vino è in grande crescita – aggiunge Silvana Ballotta – ma noi ne approfittiamo meno di tutti i principali paesi produttori, a partire da Francia, Australia e Nuova Zelanda. Serve un cambio di marcia sui tempi e sulle modalità di gestione degli strumenti promozionali a nostra disposizione, perché le quote perdute sono difficili da recuperare».