Il business della contraffazione degli occhiali da sole produce ogni anno un giro d’affari da centinaia di milioni di euro che coinvolge in pratica tutti i maggiori brand del lusso e dell’occhialeria. «Secondo il nostro studio – dice Giuseppe Provera, amministratore unico di Convey, azienda leader nella protezione della proprietà intellettuale – sono 57 i marchi coinvolti, tutti brand che subiscono una notevole contraffazione. Le griffe più prestigiose, in particolare, subiscono livelli più pesanti di contraffazione rispetto agli altri ma tutti sono molto esposti. Nessun titolare di marchi nel settore dell’occhialeria può ritenersi esente da questa piaga».
Secondo uno studio presentato lo scorso anno da Convey, calzature e occhiali sono i settori in cui la contraffazione dilaga. Nell’era delle iper connessioni, il mercato dell’occhiale contraffatto sembra non conoscere arresto. «Per quest’anno il trend si conferma come quello dell’anno scorso – continua Provera – I canali di vendita contraffattiva sono sempre attivi e operanti tutto l’anno e operano a livello mondiale. Il web è il primo canale di vendita per volume d’affari. Le grandi piattaforme di commercio elettronico, soprattutto cinesi per i settori di moda e lusso, partono dalla Cina e dal Far East perché in Cina ci sono le fabbriche che producono tonnellate di articoli, generando il problema dello smistamento e della veicolazione di questa massa di prodotti che trovano sul web il loro canale privilegiato».
L’occhiale da sole falso arricchisce l’estremo oriente
Il contraffattore 2.0 si muove veloce, spesso creando sistemi di interconnessione con un centinaio di website apparentemente sconnessi tra loro, ma che in realtà fanno capo a un unico imprenditore: «Il problema fondamentale è poter tenere sotto controllo le grandi piattaforme cinesi come ‘Alibaba’ che è anche quotata in borsa – afferma Provera – Su queste piattaforme sono veicolati i prodotti dalla Cina e dal Far East. C’è poi un secondo livello di vendita con gli operatori che acquistano e smistano sulle piattaforme occidentali oppure sugli e-shop indipendenti da logiche di marketplace».
A favorire il mercato illegale delle vendite online ci sono infine i social network, che giocano un duplice ruolo nel mercato della contraffazione: «In primo luogo – continua Provera – i social generano l’amplificazione della contraffazione, perché vanno a incentivarla con le segnalazioni, le pagine e i contenuti che creano link e ponti con i siti contraffattivi. Quindi generano un vero effetto leva, moltiplicando le possibilità di trovare link verso chi vende il prodotto falso. In qualche caso marginale fanno anche vendita diretta. La contraffazione in internet è un fenomeno industriale e per combatterla servono mezzi industriali»
L’occhiale da sole falso arricchisce l’estremo oriente
Continuando nella sua analisi, Giuseppe Provera sottolinea che: «Gli e-shop contraffattivi non sono mai monomarca, ma vendono più griffe false contemporaneamente questo vuol dire che i contraffattori attuano una precisa strategia sia commerciale sia di difesa per i contraffattori stessi, perché distribuiscono il rischio su più marchi».
«Un eventuale fenomeno di contrasto – continua Provera – ha successo se, invece di tutelare un solo marchio, si creano delle alleanze tra i titolari dei marchi ‘vittime’ del sistema illegale, in modo da attuare azioni amministrative e legali non più singole ma collettive. Le alleanze sono molto più efficaci e riescono a ottenere non solo la cancellazione contraffattiva, ma anche la chiusura del website o dell’e-shop sulla piattaforma cinese, generando così un danno enorme per il contraffattore. Riuscire a far chiudere un e-shop può sembrare una banalità perché il contraffattore può ricominciare con un nuovo sito, ma l’avviamento che ha costruito in anni di ‘lavoro’ viene perso perché dovrà ripartire con un nuovo negozio senza feedback e nell’era della vendita online senza alcun feedback è difficile che il prodotto sia acquistato. C’è molto da fare – conclude Provera, amministratore unico di Convey– ma si può fare per difendere e tutelare il settore».