L’industria del falso importa nel nostro Paese enormi quantitativi di prodotti e al tempo stesso ha l’esigenza di riportare in estremo oriente ingenti quantitativi di denaro, attivando canali sicuri e non identificabili dagli inquirenti. Il recente, atroce duplice delitto di Roma che ha avuto per vittime un cinese e la figlia di appena un anno, pare ruotare attorno all’attività di Money Transfer di cui era titolare l’uomo.
Le agenzie di Money Transfer – secondo quanto ha riferito il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Nino Di Palo, alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione – sono passate in Italia dalle 687 del 2002 alle 34mila del 2010 e, secondo la Caritas/Migrantes, hanno convogliato all’estero 5,3 miliardi di euro nel 2009 e 6,6 miliardi nel 2010.
Il rete capillare che in questi anni è venuta crescendo, per la minore possibilità di monitoraggio dei clienti rispetto al sistema bancario è evidentemente esposta al rischio di cadere nel riciclaggio. Secondo quanto si legge nei rapporti delle forze dell’ordine che hanno investigato sul fenomeno, in taluni casi le organizzazioni criminali hanno preso il controllo delle reti di trasferimento del denaro. Le operazioni illecite vengono suddivise così da mantenere la cifra trasferita all’estero al di sotto della soglia di controllo e gli invii vengono attribuiti a nominativi diversi. In questo modo chi importa merce contraffatta può pagarla mascherando l’operazione come un invio di rimessa verso casa. Il denaro frutto di attività illecite si ripulisce durante l’operazione di trasferimento e arriva a destinazione senza poter più essere identificato.