Il 39° Congresso nazionale di Sifo, la Società dei farmacisti ospedalieri e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie, ha dedicato una specifica sessione al tema dell’attività di vigilanza e alla lotta alla contraffazione dei farmaci. Il valore del mercato dei farmaci contraffatti secondo un rapporto dell’Ocse supera i 200 miliardi di dollari l’anno ed è al secondo posto dopo il mercato dell’abbigliamento falsificato.
Il fenomeno della contraffazione rappresenta prima di tutto un problema di salute per le persone, che affidandosi a canali distributivi non vigilati rischiano di assumere farmaci non sicuri e talvolta pericolosi. I destinatari finali del mercato della contraffazione dei farmaci, infatti, sono utenti ignari dei pericoli legati all’assunzione di medicinali che provengono (spesso senza alcune autorizzazione al commercio) da siti web illegali, palestre, centri di bellezza. Vengono venduti prodotti che non contengono alcun principio attivo, mentre altri contengono sostanze sbagliate o in quantità non corrispondenti. Altri ancora presentano alti livelli di impurità ed elementi contaminanti. E il commercio online ha spalancato un mondo e moltiplicato le possibilità di frode.
La rete europea ha permesso un’importante condivisione delle informazioni per la lotta ai falsi
Un aiuto a ‘fermare’ la proliferazione di farmaci contraffatti è la verifica delle autorizzazioni per la vendita online dei farmaci (SOP e OTC) da parte delle farmacie, un compito importante che spetta ai farmacisti che lavorano nei Servizi farmaceutici territoriali delle Aziende sanitarie.
Sul fronte della lotta alla contraffazione continua poi il lavoro dell’hub Fakeshare, una piattaforma europea dedicata alla condivisione delle informazioni sui crimini farmaceutici: «La comunicazione e la rete tra gli Stati – ha detto Ignazia Poidomani, componente del Consiglio direttivo e tesoriere di Sifo – è importante perché si tratta quasi sempre di prodotti di importazione, come dimostrano i numerosi sequestri, anche recenti, di cui si è avuta notizia. La condivisione dei dati sta funzionando ma può funzionare ancora meglio se c’è l’impegno di un maggior numero di Paesi».