Viterbo, Borsa del Turismo Sociale ed Associato: un’idea tanto semplice (mettere in concreta relazione domanda ed offerta), quanto azzeccata, tanto che sarà replicata a metà mese a Monselice, in provincia di Padova, seppur nella declinazione “turismo rurale”. Prima serata: anonima cena in un ristorante forse tipico in una località forse degna di essere conosciuta meglio. Chi lo sa? Nessuno ha pensato di raccontarcelo, per cui il cibo è rimasto solo veicolo di nutrimento e non di cultura. Seconda giornata, un’altra storia: ospitati a pranzo in un locale deputato alla promozione della Tuscia D.O.C., accompagnati da un’anfitrione che ci ha introdotti alla conoscenza di una terra, che merita di essere conosciuta per le bellezze storico-paesaggistiche, ma anche della buona tavola. Due modi opposti di vivere la stessa realtà: anonima la prima, entusiasta la seconda. Una superficialità ingiustificabile in un Paese, che ha, nelle bellezze del territorio, un’assicurazione contro qualsiasi crisi (nel mondo, se qualcuno si impoverisce, qualcuno si arricchisce…); d’altronde, però siamo pur sempre il Paese, che vede nel turismo e nelle risorse naturali, competenze politiche di risulta. La lezione, però, deve partire dal basso, da chi deve applicare quei principi promozionali, ricordati in ogni dove per poi disattenderli appena chiamati a verifica. In tempi di “vacche magre”, gli ori di famiglia vanno tirati a lucido: incredibilmente dobbiamo imparare dall’estero, dove hanno assai meno, ma sanno proporlo e tutelarlo come un patrimonio assoluto. Un po’ di intelligente umiltà non fa mai male.
Il Direttore
Fabrizio Stelluto