La Camera di Commercio di Verona e il Consorzio di Tutela del Valpolicella Doc hanno vinto un importante ricorso negli Stati Uniti: all’Ufficio Marchi federale era infatti pervenuta una richiesta di registrazione presentata da una azienda californiana che voleva produrre un vino e chiamarlo “Calpolicella”. Facile dimostrare che si trattava di un tentativo di imitazione del Valpolicella, ma in questi casi è comunque assai difficile bloccare le iniziative di aziende della nazione le cui autorità sono chiamate a decidere.
Prima linea di difesa è spendere per registrare marchi collettivi
«Sempre più spesso – commenta Claudio Valente, componente di Giunta della Camera di Commercio di Verona – si trovano sugli scaffali o nei ristoranti esteri vini che riportano, in etichetta, nomi che richiamano quelli dei nostri vini più conosciuti. Al di fuori dell’Unione Europea le norme che tutelano le denominazioni di origine non sono applicabili e quindi il mezzo più efficace per tutelare i nostri vini si è rivelato quello della registrazione come marchi collettivi. In quest’attività la Camera di Commercio ha investito, negli ultimi 10 anni, quasi 470 milioni di euro. Dal 2016, proseguiamo in collaborazione con il Consorzio Tutela Vini Valpolicella, che ci affianca nelle azioni davanti agli uffici marchi».
I vini del veronese sono tra i più tutelati d’Italia
La procedura era stata avviata quest’estate, a seguito di una segnalazione pervenuta da parte del sistema di sorveglianza mondiale che la Camera di Commercio ha avviato ormai da alcuni anni dopo la registrazione dei marchi collettivi “Amarone”, “Amarone della Valpolicella”, “Recioto”, “Recioto della Valpolicella”, “Recioto di Soave” e “Valpolicella Ripasso”.