Personalmente non mi piacciono i tatuaggi. Ma non è questo mio giudizio estetico che influisce sulla preoccupazione con la quale ho dato l’altro giorno la notizia del nuovo regolamento dell’Unione Europea che permette l’uso di sostanze chimiche – ossido di ferro e idrossidi – per tatuare la frutta. E dirò anche che non credo possano esserci pericoli per la salute dei consumatori nell’uso di queste sostanze: come specifica l’Unione dovranno essere applicate tramite un laser che non penetri oltre la pelle dei prodotti freschi. Voglio dare per scontato che tutte le applicazioni avverranno a cura di specialisti assolutamente preparati e con tecnologia avanzatissima.
Ma ecco che inizia ad emergere il primo dei tre elementi che mi lascia una qualche perplessità: il singolo produttore avrà una produzione così corposa da giustificare (ed ammortizzare) un macchinario adeguatamente sofisticato? I grandi ‘industriali dell’agricoltura’ potranno permetterselo, ma il coltivatore sotto casa, quello a ‘chilometro zero’, molto probabilmente no. L’obiettivo europeo è quello di garantire la tracciabilità dei prodotti agricoli, ma il tatuaggio avverrà non sul campo quanto piuttosto al primo scalino commerciale, se non anche oltre.
Dice poi l’Unione Europea che in questo modo sarà possibile apporre sulla frutta tante informazioni, persino QR codes: una scelta assolutamente da condividere, ma compratori di frutta sono anche coloro, anzi sono forse la maggioranza, che hanno poca o nulla dimestichezza con i palmari. Anche a questi è doveroso offrire una metodologia che garantisca la genuinità e tracciabilità del prodotto da acquistare.
Ne consegue la terza mia perplessità: tutto il lungo e non facile lavoro fin qui condotto a livello europeo per migliorare la qualità delle informazioni contenute in etichetta e la loro leggibilità rischia di venir vanificato da questa nuova metodologia; la glorificazione della tecnica laser, di fatto, sminuirà la validità delle ‘care, vecchie etichette’; il frutto più ‘moderno’ svilirà agli occhi del consumatore quello tradizionale, quasi fosse di peggiore qualità. E a quel punto, la prevalenza del logo tecnologico sarà assolutamente prevalente e leggere l’etichetta sarà superfluo.
Contraddicendo tutte le battaglie fin qui condotte.
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