Alla vigilia del voto del Senato che il 25 luglio dovrebbe definitivamente dare l’assenso italiano all’accordo Ceta tra Ue e Canada, emergono sempre più vivaci le contraddizioni. Come abbiamo già scritto le stesse organizzazioni agricole italiane sono divise sulla valutazione dell’accordo.
Il Ministro allo sviluppo economico, Carlo Calenda sottolinea i benefici che l’Italia potrà trarre da questo trattato commerciale: tra le 143 indicazioni geografiche che l’Europa ha ottenuto vengano riconosciute dal Canada, ben 41 sono italiane. E fa l’esempio del Prosciutto di Parma che, fino ad ora venduto come ‘Original prosciutto’, finalmente potrà presentarsi oltreoceano con il proprio, vero nome.
Poi però … lo stesso Ministro Calenda firma con il collega Maurizio Martina i decreti che rendono obbligatorio, entro sei mesi, dichiarare in etichetta l’origine di produzione del riso, del grano e della pasta. Ad insorgere sono allora i canadesi: dal ministero dell’Agricoltura di Ottawa trapela nervosismo e preoccupazione per le sorti delle esportazioni di grano verso il nostro Paese e Cam Dahl, presidente dell’organizzazione Cereals Canada, di cui fanno parte i colossi Cargill Inc e Richardson International, ha dichiarato che “questo comprometterà le nostre esportazioni”.
Il nodo non dichiarato è il risaputo utilizzo del glifosato nella coltivazione del grano canadese. Contro questo erbicida la battaglia del mondo ambientalista in Europa è aperta e se ne chiede l’immediato divieto a tutela della salute pubblica. Ma il comitato scientifico europea appositamente composto ha concluso i suoi lavori senza trovare una evidenza scientifica di pericolosità del prodotto e la Commissione europea si accinge a rinnovare per altri 10 anni l’autorizzazione all’uso del glifosato.
A mettere insieme tutte queste informazioni esce un quadro di estrema confusione che non fa certo bene a quella chiarezza e trasparenza che tutte le istituzioni sostengono di volere.