Il mercato sta già anticipando i tempi e le prime conseguenze si fanno sentire prima ancora che effettivamente ci concretizzi la notizia. Il fatto che l’Europa non abbia espresso alcuna contrarietà alla richiesta italiana di imporre in etichetta il luogo di mungitura, condizionamento e trasformazione ha avuto come prima reazione quello di un aumento del prezzo del latte italiano: era pagato sotto i 25 centesimi al litro appena cinque mesi fa, oggi supera i 42 centesimi.
Sia chiaro, sono prezzi alla stalla e per il consumatore il riflesso di questo aumento potrebbe anche non essere sensibile. Certo lo è per i produttori ai quali il prezzi troppo basso dettato dalla concorrenza non permetteva nemmeno di coprire i costi di produzione. Ora, si dice c’è la possibilità di salvaguardare 120 mila posti di lavoro perché il latte, e tutti i suoi derivati, che in etichetta si presenterà come 100% italiano godrà di maggiore attenzione da parte dei consumatori.
E non saranno solamente gli acquirenti di casa nostra a beneficiare di questa chiarezza, perché questo passo è importante anche per la tutela del Made in Italy all’estero, dove la pioggia di prodotti dell’italian sounding rischiava di inficiare l’immagine di qualità della produzione tricolore. La fine delle mozzarelle che si stima siano fatte per la metà con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero non può che essere accolta con entusiasmo.
È però doveroso ricordare che è la Francia che sta trainando la rincorsa: certamente l’obbligo per il latte d’oltralpe scatta da primo gennaio 2017, lì gli adempimenti sono già stati tutti completati. Noi arriviamo per secondi e, referendum permettendo, dobbiamo fare in fretta se davvero vogliamo che la vittoria in questa battaglia per l’obbligo in etichetta sia un po’ anche nostra.