Più export che import: i primi sei mesi di quest’anno consegnano all’Italia un risultato per certi versi inatteso. Le esportazioni hanno raggiunto il valore di 24,81 miliardi di euro con un +12% rispetto all’anno precedente, mentre le importazioni sono rimaste ferme a 22,95 miliardi. Il dato è stato diffuso durante il Cibus 2021 di Parma da Coldiretti. Gli italiani hanno aumentato del +7,6% l’acquisto di prodotti nazionali, preferendo quelli Docg, Dop, Doc, Igp e Igt. Questo, secondo l’Osservatorio Nielsen Immagino, ha fatto lievitare a 8,4 miliardi di euro il consumo alimentare dei prodotti certificati di maggior qualità.
La pandemia aveva nel 2020 fortemente contratto gli scambi commerciali internazionali, soprattutto quelli a più lungo raggio, e aveva portato alla chiusura dei ristoranti: due fattori che hanno avuto per conseguenza una modifica dei costumi alimentari degli italiani e ad un consumo più ‘domestico’. Al contrario, con il 2021 sono ‘rimbalzati’ gli scambi commerciali e dai Paesi più tradizionalmente legati al Made in Italy la domanda si è fatta sentire molto sostenuta: da vino e pasta, fino al meno celebrato caviale italiano, che nell’ultimo anno ha visto crescere le proprie esportazioni del +187%.
Bene per la nostra bilancia dei pagamenti, complessivamente. Ma le zone d’ombra sono ancora forti, come fanno capire i dati Ismea: se l’Italia esporta carne di pollo e uova, la produzione di carne bovina copre soltanto il 55% del fabbisogno nazionale, e quella del latte, solo il 75%. Peggio va per i cereali: compriamo all’estero il 53% del mais per l’allevamento degli animali, il 64% del frumento tenero e il 40% del frumento duro che è necessario per la produzione della pasta Made in Italy che vendiamo in tutto il mondo.
Bene quindi che la bilancia commerciale sia positiva in termini strettamente finanziari, ma siamo ben lontani dalla possibilità di parlare di una autosufficienza nazionale e, come sottolinea Coldiretti, molto deve essere fatto per migliorare il tessuto produttivo agroalimentare potenziando la digitalizzazione dei processi produttivi primari, rendendo più efficaci ed efficienti i trasporti, valorizzando le filiere. Perché, parafrasando il più abusato dei detti, “ non si vive di solo vino”.