Non si sa ancora nulla e nulla è deciso, se non la polemica. Ovviamente il tema del giorno è quello della tassazione che la futura finanziaria italiana potrebbe imporre in una qualche misura su almeno qualcuno dei prodotti plastici. Anche a chiamarla in inglese, cosa che ha sempre funzionato per nascondere quel che non si voleva mettere in mostra (dal “Job act” in poi…), in questo caso la “plastic tax” è stata sulle prime pagine dei giornali alimentando un serrato scontro di opinioni. Nel quale hanno prevalso le preoccupazioni elettorali di breve raggio, anteposte alla più generale attenzione che fino a qualche giorno fa tutti manifestavano di avere per la salute del pianeta e la tutela ambientale.
Ricordiamoci
che la
Direttiva
emanata
dall’Europa impone che
dal luglio 2021 l’uso di articoli in plastica usa e getta, quali
stoviglie,
cannucce, cotton fioc, sia
vietato proprio in nome dell’ecologia. È stato allora che ci si è
accorti che il triangolo Lombardia-Veneto- Emilia-Romagna produce
quasi il 60% dell’intera plastica tricolore e che questa vale come
quota maggioritaria in tutta Europa. La Direttiva europea, dicono gli
industriali, ha già
ridotto del 20% le vendite e raddoppiato
i costi reali per le aziende italiane. Nella ‘packaging valley’
emiliana operano quasi due aziende su tre di questa nicchia meccanica
tricolore e garantiscono in regione quasi 20mila posti di lavoro e 5
miliardi di euro di fatturato l’anno. Numeri che, se sommati ai
16mila addetti delle imprese di trasformazione plastica della via
Emilia, che generano più di 3,1 miliardi di euro di ricavi, danno la
misura della filiera che la plastic tax, in modo diretto o indiretto,
fa vacillare dalle fondamenta.
Il
materiale plastico è flessibile, durevole, leggero, economico, non
marcisce, non viene attaccato dai batteri e se finisce in mare è
perché qualcuno ce lo butta, dicono
da quelle parti per difendere una così importante filiera
produttiva. Ed i politici ben sanno che tra poco si vota da quelle
parti: tra gli elettori non c’è Greta, la battaglia per la tutela
dell’ambiente allora può attendere. Perché non è la plastica che
inquina: niente tasse quindi per scoraggiarne l’uso, ma
investimenti per educare i consumatori e per promuovere progetti di
riciclo. Il coro di oggi è tutto il questa direzione, sovrastando
quel che era la preoccupazione di ieri, l’impegno fino a l’altro
giorno garantito per la tutela del pianeta.