Ogni anno, dal 1970, il 22 d’aprile si celebra internazionalmente la “Giornata della Terra” che invita ad una riflessione, ciascuno secondo la propria visione o concezione, sullo stato di salute del pianeta. Un tema che sembra essere molto a cuore soprattutto alle generazioni dei più giovani che guardano al futuro della propria vita. Che la Terra stia bene proprio non lo si può dire per i tanti malanni che la crescente presenza antropica ha prodotto. Con l’aumento della popolazione mondiale e la legittima aspirazione di ciascuno ad una maggiore qualità della propria vita, ad ogni latitudine e longitudine del pianeta; l’esigenza inalienabile di produrre cibo per tutti; il consumo esponenziale delle materie prime, a cominciare dall’acqua, sono fattori di un problema che ha enormi complessità.
Ogni risposta semplicistica, ogni panacea promessa servono solo ad allontanare una reale soluzione. Ed anche quest’anno la ‘Giornata’ è trascorsa senza un qualche provvedimento concreto, una scelta, un indirizzo da parte di coloro che avrebbero la possibilità di fare qualcosa. Certo, prima c’è stata la pandemia, adesso c’è la guerra, ma le condizioni della nostra Terra richiedono attenzione, subito. Va a finire che questa iniziativa internazionale si riduce all’enunciazione di qualche statistica che testimoni le scontate ‘buone intenzioni’ degli abitanti dei singoli Paesi.
È consolatorio apprendere che il 33% degli italiani si dichiara più attento verso il pianeta e che il 32% si impegna a ridurre gli sprechi alimentari nella routine quotidiana. E se il primo passo per ridurre gli sprechi è ottimizzare la propria spesa settimanale, ecco che il 33% degli italiani si ripromette di fare scelte di consumo più mirate.
Ottimi proponimenti! Poi però, come abbiamo scritto più volte in queste pagine, i consumatori poco capiscono di quanto è scritto in etichetta e solo una minoranza la legge andando oltre ai claim pubblicitari (se un prodotto è ‘senza…’ è migliore di altri simili). Al momento dell’acquisto i consumatori devono essere aiutati: mettere troppe informazioni sulle etichette, magari usando misure scientificamente corrette ma sconosciute ai più, non permette di informare correttamente e agevolare la scelta del prodotto più adatto.
Senza dimenticare poi che la percentuale maggiore dei consumatori (purtroppo il crescita per le difficoltà economiche che guerra e aumenti dei costi delle materie prime stanno generando) confessa che il primo criterio di scelta per la spesa alimentare è quello legato alla ‘dura realtà’ del prezzo di vendita.