Quella del 25 novembre è una data che non potevamo trascurare. Nessuno dovrebbe. Di fronte al dato allucinante di una vittima uccisa in Italia ogni due giorni e solo perché donna, di una donna su tre che nell’arco della propria vita subisce una violenza fisica nessuno può sentirsi escluso dal dovere di esprimere la propria ferma condanna.
Una giornata nella quale ciascuno deve esprimere la propria riflessione su di un fenomeno che è culturale, educativo, civile. Perché è ancora radicata nel nostro Paese, più che in altri della vecchia Europa, una becera tradizione culturale di sottomissione della donna all’uomo. Ed ancora si sentono anche donne che parlano della ‘responsabilità’ che avrebbero le vittime di violenza per il loro comportamento troppo libero, troppo ‘provocante’. Quasi che il sacrosanto diritto di una donna di andare al cinema la sera fosse una ‘provocazione’. Quasi che non fosse un dovere civile, delle istituzioni e di tutti i cittadini, garantire che ci sia la sicurezza per una donna di vivere una vita normale, senza timori.
È fatto di educazione degli uomini: anche qui, il civismo passa dalla formazione dei nostri ragazzi che ci chiedono di avere gli strumenti per una crescita paritaria, di reciproco rispetto tra le persone indipendentemente dal genere, dalla religione, dalla razza. Invece i modelli che continuiamo a ricevere dai media sono fondati sulla sopraffazione anziché sul dialogo, sulla forza che soverchia la ragione. È questa una immagine contraffatta della mascolinità. L’idea di un uomo ‘macho’ nel quale la virilità è falsata da stereotipi di fittizia superiorità. Un taroccare la personalità che porta a non considerare più la violenza come un male. E uccide.
Il 25 novembre è il giorno delle ‘scarpette rosse’: che siano davvero originali, Made in Italy.