Il dibattito è sempre più aperto: l’acquisto di moda è una esperienza che coinvolge la vista quanto il tatto e che si fonda su di un rapporto interpersonale di empatia, oppure a determinarlo sono fattori d’immagine e di suggestione che viaggiano liberamente anche attraverso le vetrine virtuali proposte dal web? La risposta è sicuramente articolata e si differenzia di molto a seconda della singolarità del prodotto e del target degli acquirenti, più o meno giovani, più o meno facoltosi.
L’alta moda ha festeggiato con grande risonanza il ritorno alle sfilate ‘in presenza’ dopo gli anni di lockdown decretati dalla pandemia. E le voci più autorevoli hanno sottolineato soprattutto le note di entusiasmo che si sono alzate attorno alle passerelle. In realtà, a smorzare questi toni c’è stata la tragedia dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia che ha richiamato alla dura realtà un mondo per sua natura un po’ frivolo e effimero: così a Parigi la collezione Dior, disegnata da Maria Grazia Chiuri, metteva insieme lunghi abiti aderenti ed elegantissimi con giacche imbottite e riscaldate, gilet corazzati, scarponi da motociclista.
Di converso, accanto alle sfilate fisiche, la settimana di Milano ha dato spazio anche alla bottega virtuale del Benetton group. La moda sta imparando il significato della parola ‘metaverso’, quell’universo nel quale ci si muove come in un negozio concreto ma che ha alle spalle una molto più complessa rete di funzioni che vanno dalla produzione all’ordinativo, dalla consegna al pagamento. Il tutto virtualmente (tranne che per il denaro) sulla base di un supporto tecnologico dei più avanzati.
A tutti è evidente che per un marchio come Nice la vendita nel ‘metaverso’ è un passo avanti rispetto alle statiche vetrine dell’e-commerce, ma il dibattito si innesca quando è Gucci a vendere le sue scarpe in un negozio che ‘non c’è, se non in rete. Erto, Dolce & Gabbana e altri brand tra i più favosi stanno sondando le opportunità offerte dalle nuoive tecnologie. Ma una cosa accomuna di sicuro ‘fisico’ e ‘virtuale’: le grandi firme hanno abbassato le serrande dei propri negozi a Mosca e anche marchi come Nice e H&M hanno stoppato tutte le vendite online verso la Russia. L’indignazione della moda non si divide davanti alla guerra e manifesta fisicamente e virtualmente, senza distinzioni, la propria richiesta di libertà e pace.