Latte e prodotti caseari, carni di cavallo e coniglio, ma anche per prodotti come pasta, passata di pomodoro, succo d’arancia, zucchero o riso sono prodotti di serie B, secondo quanto dimostra di ritenere la Ue. Infatti la Commissione europea ha appena pubblicato due rapporti sull’etichettatura d’origine obbligatoria per questi alimenti e l’esecutivo Ue, ribaltando quello che aveva sostenuto fino a ieri, oggi ritiene sia “preferibile” optare per una scelta volontaria di indicazione dell’origine del prodotto, piuttosto che per un obbligo a livello comunitario.
La cosa che appare più difficile da accettare è che il problema per la Commissione si riduce ad una questione di costi maggiori per i produttori, mentre l’etichetta d’origine volontaria è consigliabile perché non impone carichi amministrativi. Del parere dei consumatori e del dovere di tutelare i consumatori dalle frodi che sulla tavola di ciascuno posso diventare pericolose per la salute, nemmeno una parola.
Il “faremo sentire forte la nostra voce nel Consiglio dei ministri dell’agricoltura” del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina suona velleitario. Sappiamo benissimo che ci sono lobby che non badano ai mezzi per arrivare a mantenere l’attuale busyness dell’importazione delle materie prime o dei semilavorati.
La tradizione mediterranea ha sempre cercato di tutelare la propria preziosa agricoltura e le etichette volontarie sono nel nostro Paese sono molto diffuse. Ciò non toglie che le passate si fanno con pomodori che arrivano dalla Cina; la pasta usa per il 60% farine provenienti dall’estero; la cooperazione internazionale per l’olio d’oliva extravergine è indispensabile per la filiera italiana. L’Europa un aiutino all’Italy poteva anche darlo: ha fatto marcia indietro penalizzando consumatori che, è facile capire, sono sempre meno ‘europeisti’.