Buone notizie da Verona: l’edizione speciale di Vinitaly, voluta per sancire il riavvio verso la normalità post-pandemica e la promozione mondiale del più importante prodotto dell’esportazione tricolore conferma che tutto va bene. Cresce la produzione e, ancor più rapidamente, cresce la voglia di vino italiano nelle cantine e sulle tavole di tutto il mondo.
Ma “non si vive di solo vino”. E la parafrasi ci porta appunto a parlare del pane che per i consumatori è diventata una vera ossessione: un euro in più al chilo per quello ‘fatto bene’, cinquanta centesimi d’aumento anche per quello industriale. Ovvio che ci sia l’associazione di consumatori che grida alla ‘becera speculazione’, ma le situazione è ben più complessa, soprattutto per chi ha già da pagare gli aumenti del gas, della luce della benzina (cioè tutti noi).
L’allarme lo ha lanciato per prima la FAO: i prezzi mondiali delle materie prime alimentari hanno fatto registrare un’impennata preoccupante con un aumento medio del +32,8% a livello globale rispetto al 2020. A confermare le preoccupazioni è la Commissione Europea che, nell’edizione annuale del rapporto sulle prospettive dei prodotti agricoli, ha sottolineato l’impatto che l’aumento dei prezzi di energia e trasporti, ma anche degli imballaggi e dei fertilizzanti, sta avendo sulle catene di approvvigionamento.
L’aumento dei prezzi era in buona parte previsto a causa delle condizioni create dalla pandemia, ma la crescita dei prezzi delle materie prime alimentari può avere un impatto diretto ancora maggiore sui costi di produzione per alcune filiere, come nel caso del latte e della carne, visto che il caro prezzi è trainato da diversi prodotti usati anche per gli allevamenti. Ecco perché sarebbe ancor più importante pianificare un processo di prospettiva verso una maggiore autosufficienza alimentare del nostro Paese. Che appunto non può vivere di solo vino ( di carne di pollo, visto che in quest’ambito l’autosufficienza sarebbe già raggiunta).
Le stime di crescita delle produzioni europee per il 2021-2022, con un +5% per i cereali e un +11,9% per il grano che potrebbero contribuire a riequilibrarne i prezzi, ma l’Italia deve lavorare per partecipare concretamente a questa crescita: è vero che il Made in Italy esporta tonnellate e tonnellate di pasta (uno dei prodotti più richiesti all’estero), ma è prodotta grazie all’importazione di quote enormi di farine dall’estero. Ed altrettanto dicasi per l’olio d’oliva ed altri prodotti ancora.
Ma è il ‘sistema alimentare’ che deve crescere: a partire dagli accordi di filiera per riequilibrare il valore e la redditività lungo tutta la catena produttiva, dai lavoratori ai consumatori finali. E viste che tanto si parla della stagione delle riforme, si faccia presto ad approvare definitivamente la norma contro le aste al doppio ribasso, si impongano maggiori controlli e più ispezioni contro lavoro nero, contro la concorrenza sleale di chi ricorre al caporalato, si lavori lungo tutto il processo produttivo e distributivo per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
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