Districarsi nei meandri del commercio internazionale sta diventando una impresa davvero improba e le prospettive ci paiono tutt’altro che rosee per il futuro. Lo stesso esito del G20 di Amburgo su questo tema è per lo meno contraddittorio. Libero mercato hanno detto: un accordo condiviso da almeno 19 Paesi, qualcuno più convinto di altri. Ma hanno anche detto che i dazi non si cancellano: come voleva il ventesimo, che si chiama Trump!
L’accordo di interscambio tra Europa e Usa, si sarebbe chiamato Ttip, è morto prima di nascere: dapprima furono gli europei a infarcirlo di dubbi; poi sono stati gli statunitensi di Obama ad archiviarlo; ora l’imperante protezionismo di Trump lo esclude a priori.
Il CETA tra UE e Canada andrà avanti, ma nel nostro Paese certamente ha già conseguito il risultato di far riemergere antiche fratture: da un lato Coldiretti in piazza, con associazioni di consumatori e qualche Regione non allineata al Governo; dall’altro industriali, grandi produttori Dop e politici.
Intanto la Commissaria europea al commercio, Cecilia Malmstroem, stipula l’accordo con il ministro degli esteri giapponese Fumio Kishida: i nipponici guadagnano tariffe meno pesanti per vendere le loro automobili nel Vecchio continente; i produttori europei di alimentari si vedranno azzerare i dazi su una buona fetta di eccellenze agricole.
In generale, i negoziatori europei sono riusciti a strappare il riconoscimento di 205 denominazioni di origine tra Igp e Dop, tra cui 130 vini; l’abolizione delle tariffe sui formaggi a pasta dura, sulla pasta e sui prodotti da forno; una riduzione dei dazi sulla carne di manzo e di maiale. Manca ancora la firma: aspettiamo quindi a gioire, perché in questo mercato mondiale così schizofrenico …