Un’azienda vitivinicola di Refrontolo, in provincia di Treviso, sta per lanciare sul mercato un vino, con il marchio ‘Halal’, privo di alcol e pertanto particolarmente rivolto al consumatore musulmano. Il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, commenta con favore la notizia sottolineando che si tratta di «una scelta produttiva e commerciale con molti aspetti positivi, oltre a quello dell’originalità. Operazioni come questa vanno opportunamente anche nel segno di favorire una concreta integrazione perché, se da un lato toccano i punti nevralgici dell’economia, dall’altro offrono una nuova opportunità a chi, professando una religione diversa, risiede a lavora onestamente nei nostri territori e potrà usufruire di un prodotto ricavato dall’uva, uno dei grandi simboli della nostra agricoltura»”.
Questo quanto scrivevamo nel settembre del 2012 (https://www.garantitaly.it/wp-admin/post.php?post=17174&action=edit) e, in forza probabilmente di un successo commerciale, lo ribadivamo qualche anno dopo, nel dicembre 2016 (https://www.garantitaly.it/enologia/dal-piemonte-un-vino-senza-alcol-per-il-mercato-mediorientale/) per un’analoga iniziativa in Piemonte.

Certamente le decennali produzioni di birra senza alcol non hanno intaccato il variegato (e molto più esteso) mercato di quella alcolica. Ma se si parla di vino senza alcol da parte dell’Europa, scoppia lo ‘scandalo’: “mina comunitaria”, “trovata di Bruxelles”, “mega inganno”.
Chi alimenta una politica antieuropeista ha deformato anche le notizie pur di far apparire una delle (tante) misure allo studio per la futura agricoltura comunitaria come un deliberato attacco alla produzione enologica italiana.

Così, malgrado tutte le fonti europee assicurino che: “la proposta della Commissione europea non contiene alcun riferimento all’aggiunta di acqua nel vino per mantenere il volume iniziale di prodotto quando si vuole azzerare la gradazione per mettere in commercio vini senza alcol”, lo stesso Ministro Patuanelli è stato sollecitato ad intervenire dichiarando che «Sono proposte che il nostro Paese non intende assecondare» facendo eco al presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, secondo il quale «l’introduzione della dealcolazione parziale e totale come nuove pratiche enologiche rappresenta un grosso rischio».

Un nuovo capitolo insomma di una più lunga diatriba che già ha contrapposto il mondo agricolo nazionale all’Europa in materia di vino dall’ipotesi di una etichetta nutrizionale con una indicazione del valore calorico ai messaggi sui pericoli per la salute connessi all’uso e all’abuso di alcol. Fino, appunto, all’acqua che ha colpito immediatamente l’immaginario dei consumatori: e non ci saranno precisazioni che cancelleranno domani l’impressione che la prima notizia ha prodotto. Contro una Europa che la narrazione quotidiana della pandemia, della lotta vaccinale comune e dei provvedimenti per uscire dalla crisi economica ha mostrato così importante (e utile) per l’Italia.

Mario Ongaro