In queste settimane di pandemia, si intensificano gli appelli a “consumare italiano” per sostenere il sistema del Made in Italy, in particolar modo per quello che riguarda il comparto agroalimentare. Che non si è mai fermato, pur se tra molte difficoltà, a cominciare dalla mancanza di manodopera per la raccolta del prodotto fresco, operazione che solitamente veniva svolta da lavoratori saltuari di molte, diverse nazionalità.
Ma per il consumatore c’è sempre più una ‘difficoltà nascosta’: come si fa a ‘comprare italiano’? Non è una domanda oziosa: l’esempio più immediato è quello dell’olio extravergine d’oliva, un emblema della dieta mediterranea e che viene regolarmente citato da quanti sono contrari all’etichetta ‘NutriScore’. Peccato che spesso l’extravergine che va sul mercato con etichette che si richiamano al nostro Paese non sempre “parla” italiano, perché la nostra produzione di olive non è sufficiente ad alimentare l’industria olearia.
I conti dicono che la nostra agricoltura, anche nelle annate positive, non riesce a garantire più di 300 mila tonnellate di olio ed è costretta a importarne almeno altre 500 tonnellate per garantire il consumo interno e le esportazioni che ogni anno arrivano esattamente a 300 mila, marcate Made in Italy. Nella campagna 2018-19, la produzione in Spagna (che ufficialmente esporta molto meno di noi) ha toccato quota 1,79 milioni di tonnellate, oltre 10 volte le 173mila prodotte dall’Italia. Il governo italiano ha in calendario una serie di cospicui investimenti per rilanciare l’olivicoltura nazionale, ma il gap da colmare è abissale.
E vogliamo parlare della pasta? È anche questo uno dei prodotti fondamentali del Made in Italy e della dieta mediterranea, ma le stesse pubblicità televisive vantano le marche italiane perché utilizzano ‘il grano della miglior qualità’: che non è necessariamente italiano, anzi.
Ecco allora che l’indicazione dell’origine delle materie prime in etichetta è una battaglia che l’Italia porta avanti con grande determinazione: certamente quella vinta dieci anni fa per l’olio extravergine ha avvantaggiato pochi e rischia sempre più di ritorcesi con le più diffuse produzioni. Un conto da fare quindi con grande cautela e che rischia di mettere in difficoltà gli acquirenti che vorrebbero consumare italiano.
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