L’annuncio arriva da Torino e riguarda la nascita di un dottorato di ricerca multidisciplinare e interateneo tra l’Università di Torino e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo che avrà l’obiettivo di formare nuove figure professionali, operative nei diversi settori delle scienze umanistiche, sociali, della natura e della vita, che governeranno le politiche e le azioni per lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica, come previsto dalla Strategia del Green Deal europeo e dal Pnrr. È il primo risultato concreto dell’accordi quinquennale stipulato tra i due atenei per una collaborazione nella didattica, alta formazione e formazione permanente accademica per il cibo sostenibile.
Due gli aspetti che rendono importante la notizia: da un lato il sempre più diffuso riconoscimento che l’alimentazione è strettamente interconnessa alla comunicazione, alla psicologia, alle tematiche legate alla salute e alle strategie del business. In secondo luogo, è evidente che in particolare per i giovani la transizione ecologica e la sostenibilità non sono solo vuote parole, ma un impegno che si proietta nel futuro anche sotto il profilo professionale e delle nuove competenze.
Non sorprende allora, anzi merita un encomio per la tempestività, l’annuncio dato dell’ingresso nella scuola dell’infanzia e primaria dal prossimo autunno di un programma di didattico dedicato all’inclusione sociale del cibo. Una iniziativa promossa e organizzata da Elior, una società operante nell’ambito della ristorazione collettiva, e il Centro Studi e Ricerche sulla Disabilità e Marginalità dell’Università Cattolica (CeDisMa). Il programma affronta gli aspetti interculturali, legati alla salute e al benessere di tutti e di ciascun alunno: parlando ai bambini, ma non dimenticando il rapporto con i genitori.
Con una attenzione, ci auguriamo: che del cibo si parli in termini di massima naturalità. È recentissimo lo studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che punta il dito contro gli alimenti nei quali le materie prime sono sottoposte a troppe elaborazioni, trasformazioni ed aggiunte di additivi, conservanti, edulcoranti e aromatizzanti. L’intervento dell’OMS si interessava in particolare degli alimenti classificati come ‘vegani’: per riprodurre l’aspetto o gusto di quelli naturali, sono eccessivamente lavorati industrialmente e potrebbero non essere salutari. Una dieta variegata ed equilibrata, nella quale non prevalga né il business, né l’ideologia, sostenibile e inclusiva: sembra facile, ma il futuro non lo è mai!