L’assemblea dei soci del Consorzio della Valpolicella ha respinto l’opposizione delle 12 famiglie storiche dell’Amarone (capaci di quasi 39 milioni di fatturato, oltre il 26% della produzione totale di questo rosso) che si erano schierate per la difesa della qualità del loro prodotto e avevano chiesto la difesa delle aree produttive di collina vocate. E così il nome Amarone, vino simbolo della Valpolicella, potrà d’ora in poi essere prodotto su impianti sistemati in terreni freschi e pianeggianti.
Unica vittoria conseguita da chi temeva una inflazione produttiva di quella che invece merita d’essere una pregiata etichetta capace di costruirsi un apprezzato nome a livello mondiale, è la garanzia che non ci sarà nessun ampliamento della zona di produzione dell’Amarone (e degli altri vini della Valpolicella). L’assemblea dei soci del Consorzio ha inoltre confermato il blocco a nuovi impianti, blocco già in atto e che ora è stato prolungato fino al 2016.
Le motivazioni della decisione assunta dal Consorzio è subito spiegata dai numeri: il Consorzio riunisce ben 2.245 aziende di 19 comuni della fascia pedemontana che vivono e lavorano su 30mila ettari, per una produzione di 60 milioni di bottiglie, pari a un controvalore di 350 milioni di euro.
Amarone: e il Valpolicella avrà il tappo a vite
Christian Marchesini, presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella, intervenuto per spiegare il senso della decisione assunta dall’assemblea cercando di sminuirne la portata. Ha infatti sottolineato che è stato modificato il disciplinare che fino ad oggi non consentiva la produzione di amarone in impianti sistemati in terreni freschi e pianeggianti. «Con questa modifica adottata ai disciplinari di produzione – ha spiegato Marchesini – il Valpolicella classico, il Ripasso, l’Amarone ed il Recioto continueranno ad essere prodotti esattamente dove vengono prodotti oggi. Senza modifica circa due terzi delle produzioni avrebbero corso il rischio di non essere più certificate. In sostanza abbiamo provveduto a correggere un refuso che risaliva all’istituzione del disciplinare, nel 1968. Dopo 40 anni credo che si vada incontro alle esigenze dei produttori e alle richieste del mercato».
Circa le accorate richieste che le 12 famiglie storiche dell’Amarone avevano avanzato per tutelare le aree storicamente vocate a questa produzione e che si erano opposte con fermezza alla proposta di modifica parlando di “scempio del vino della Valpolicella”, il presidente Christian Marchesini ha riconosciuto che l’iniziativa: «fosse animata dalla volontà di lanciare una discussione sulle regole, nell’ottica di continuare a sostenere il nostro vino, facendolo diventare sempre più grande nel mondo».
E intanto, per rispondere alle richieste dei nuovi mercati (e magari anche a quelle dei produttori più ‘industriali’) è stato dato il via libera alla possibilità di produrre Valpolicella e Valpantena con il tappo a vite.