Gli avvocati Luca Mignolli e Stefano Aceto, legali della cantina con sede a Tregnago di proprietà di Antonio Aldegheri, hanno già pronta la strategia difensiva dopo il sequestro operato la settimana scorsa dai carabinieri dei Nas nell’azienda dei loro clienti. Oltre al titolare della cantina, sono coinvolte nell’inchiesta anche Bertilla Aldegheri, 58 anni e Micaela Podeana, 35 anni. I loro nomi compaiono in alcuni documenti di trasporto dell’uva e per questo motivo, sono accusate come il titolare della società di frode in commercio oltre che di vendita di prodotti con marchi contraffatti. I due legali hanno depositato al tribunale del riesame l’istanza di dissequestro delle 80 tonnellate di grappoli oltre che dei 35mila litri di vino, «sigillati» dai carabinieri dei Nas. Con i militari hanno collaborato i dipendenti della Siquria spa di Soave, un azienda di certificazione autorizzata dal Ministero delle politiche agricole.
Secondo la tesi difensiva: «la superficie di viti aziendali ha una potenzialità di 1750 quintali di vino, mentre la quantità sequestrata dai Nas risulta di 1250 quintali. Non c’è stato, quindi, nessun acquisto di uva o vino da altri produttori anche perché la quantità “sigillata” è inferiore alla potenzialità del vigneto di proprietà del nostro cliente». La richiesta di dissequestro dei difensori è fondata su una perizia di un agronomo, nominato da loro sui prodotti agricoli ora a disposizione della procura. Il consulente della difesa ha ribadito che la quantità sequestrata è in perfetta linea con la quantità prodotta dal vigneto.
Caso Tregnago: c’è anche un’omonimia cui prestar attenzione
Secondo il parere dell’agronomo, verrebbe a cadere l’ipotesi prospettata dai carabinieri dei Nas secondo la quale l’uva sarebbe stata acquistata da altri produttori e sarebbe stata fatta passare per le varietà corvina, corvinone e rondinella, utilizzate secondo il disciplinare Docg, per la produzione anche dei vini della Valpolicella, Amarone e Recioto. I militari in camice bianco invece sostengono che si tratterebbe di un’uva comune facilmente reperibile sul mercato ad un prezzo di 20 centesimi al chilo contro i due euro utilizzati per produrre il vino d’èlite.
L’azienda agricola Aldegheri di Tregnago è stata interessata da una visita degli ispettori di Siquria il 6 settembre scorso. I legali, quindi, chiedono come si possa solo immaginare che una cantina già nel mirino di un organo di controllo possa produrre vino comune, spacciandolo per Amarone o Recioto.
Frattanto il Consorzio tutela del vino Valpolicella ha precisato che le persone denunciate, titolari dell’azienda di Tregnago, non figurano tra i soci. Ha poi sottolineato che «in ragione di una sfortunata omonimia in queste ore sono state scambiate con la ditta Aldegheri srl di Sant’Ambrogio che nulla ha a che fare con la vicenda in questione». I vertici dell’organismo ricordano che «la Aldegheri srl di Sant’Ambrogio, ha sempre operato nel totale rispetto delle norme previste dai disciplinari, distinguendosi per la qualità dei propri prodotti che figurano a pieno titolo in alcune delle più importanti guide vini nazionali».