Aumentare dell’1% la superficie vitata dell’Italia, sfruttando tutto il potenziale di crescita consentito dalla nuova normativa europea: è questa una delle richieste avanzate nel corso della prima Assemblea unitaria dell’Alleanza delle Cooperative – Settore vitivinicolo svoltasi a Reggio Emilia. L’Alleanza associa 510 cooperative vitivinicole, per 165.000 soci produttori e 8.000 persone occupate, con una produzione vitivinicola pari al 52% del totale italiano e un fatturato che supera i 4,1 miliardi.
L’obiettivo della richiesta, che verrà formalizzata al Ministero, è quello di incrementare il patrimonio viticolo nazionale, la cui superficie è di 640.000 ettari, di ulteriori 6.000 ettari l’anno, distribuiti sotto forma di autorizzazioni per nuovi impianti. «Il vigneto Italia – spiega Adriano Orsi, presidente del Settore Vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative – perde circa 7.000-8.000 ettari all’anno. Se vogliamo mantenere un settore vitivinicolo italiano competitivo, dobbiamo cercare di arrestare questo trend negativo e assicurare alle nostre cantine cooperative una sufficiente quantità di uva da lavorare. Potendo sfruttare, almeno per il primo anno, l’1% di crescita massima, eviteremo di mettere a rischio la redditività delle imprese che sarebbero costrette a fare i conti con un inevitabile aumento dei costi di produzione».
Compensare le perdite, aumentando la superficie vitata in Italia
L’Italia aveva chiesto all’Europa la possibilità di trasferire i diritti di reimpianto ancora “in portafoglio” fino al 31 dicembre 2020, per evitare la perdita di un potenziale di produzione pari a 50.000 ettari, corrispondenti ai diritti di reimpianto “in portafoglio” non ancora esercitati dai produttori. Una richiesta che l’Europa non è disposta ad accogliere. E sembra sempre più certo che dal 1° gennaio 2016 i diritti di reimpianto ancora in portafoglio non potranno più essere scambiati, ma solo convertiti in autorizzazioni e solo dal proprietario stesso del diritto.
«In attesa che i regolamenti comunitari ormai chiusi vengano ufficialmente pubblicati – avverte Adriano Orsi – il sistema vitivinicolo italiano dovrà interrogarsi su almeno tre questioni principali: come distribuire i 6.000 ettari di nuovi impianti tra le diverse realtà viticole del Paese; come far sì che il nuovo sistema non penalizzi chi vuole crescere; come assicurare che il meccanismo di assegnazione delle nuove autorizzazioni sia sufficientemente snello e semplice, in modo da non perdere nemmeno uno degli ettari messi a disposizione ogni anno». Si tenga poi conto che l’autorizzazione al reimpianto potrà essere esercitata solo dal produttore che ha estirpato e non trasferita ad altri produttori. E l’età media dei viticoltori italiani è elevata.