Per quanto quello del vino biologico sia un fenomeno tendenzialmente in crescita, non sempre per una azienda vitivinicola è conveniente fare una scelta produttiva in questa direzione. É quanto dimostra uno studio condotto in Italia dall’Università della Florida. Ad essere finiti sotto la lente dei ricercatori sono stati più di 400 vini toscani prodotti dal 2000 al 2008, dei quali un terzo erano biologici.
La ricerca ha preso in esame i prezzi delle varie etichette, in diversi canali commerciali, esaminando e mettendo in relazione qualità, certificazione biologica e prezzo. In parte smentendo quanto è emerso per altri prodotti agricoli quali frutta e verdura, gli studiosi statunitensi hanno scoperto che il consumatore di vino non sempre è disposto a pagare di più per una bottiglia etichettata come ‘prodotto bio’.
Per il prodotto di alta qualità l’etichetta bio diventa penalizzante
La viticoltura biologica è cresciuta in popolarità sin dagli anni 1980, sull’onda delle preoccupazioni diffuse per i residui di antiparassitari nel vino e trova oggi alimento negli orientamenti di chi persegue una dieta salutista o vegetariana.
Secondo quanto emerge dall’indagine, per il momento solamente il 16% dei consumatori è orientato all’acquisto di una bottiglia di vino biologico. E comunque questi acquirenti non sempre sono disponibili a pagare un premio di prezzo per avere l’etichetta bio. In particolare il consumatore è disposto a pagare un plus rispetto al vino convenzionale quando si tratta di vini di media-bassa qualità. Sui vini di fascia alta e di più elevata qualità, il marchio biologico è invece penalizzante.
Secondo il Prof. Kelly Grogan, che ha supervisionato la ricerca, i risultati possono essere applicati a qualsiasi vino biologico.