Dopo il Prosecco, molto copiato soprattutto in Brasile e negli Stati Uniti, l’allarme contraffazione sul vino si è riacceso, questa volta su di una querelle tutta interna ai confini comunitari, che oppone i produttori italiani del Lambrusco a quelli spagnoli, che utilizzano proprio il nome della Doc italiana per un vino rosso frizzante di produzione iberica.
Sulle tavole di lusso il rosso del lambrusco è praticamente assente. Ma nelle pizzerie, nei locali più semplici è gettonatissimo: circa un terzo del Lambrusco emiliano, basso grado e frizzante, magari in versione rosata, viene venduto in Spagna dove, specie i giovani, lo considerano una via di mezzo tra una bibita ed il vino. E se laddove c’è notevole richiesta ci dev’essere altrettanta produzione, nel caso specifico importazione, visto che il lambrusco è “made in Modena”, ecco che qualche furbetto ha subito provato a farne un business.
Immediatamente il Consorzio del Lambrusco di Modena ha presentato un ricorso che fa appello al “Pacchetto qualità” approvato dalle istituzioni comunitarie, un provvedimento dovrebbe proteggere le denominazioni tutelate.
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