Il vino ne ha già subite tante di adulterazioni e di distorsioni: a tutte queste si aggiunge oggi la ‘farina di vino’. A descriverla è Hilary Niver-Johnson, produttrice di Finger Lakes Wine Flour: «Non è una farina sostitutiva, ma una farina che integra le altre. Inizialmente volevo ottenere del bio-diesel dall’olio dei semi di uva, ma poi ho capito che lo scarto maggiore delle vinacce era ricchissimo di proprietà e veniva tradizionalmente gettato via».
La farina di vino si ottiene dalla vinaccia, ciò che resta dell’acino dopo l’estrazione della polpa usata per fare il vino. Viene selezionata a mano, fatta essiccare al sole e macinata a pietra finemente, in maniera artigianale: lo stesso procedimento che si farebbe in un mulino per la normale farina di grano. La farina di vino è ricchissima di antiossidanti e polifenoli, esattamente come l’uva, e ha valide percentuali di magnesio, calcio e potassio. Inoltre ogni cucchiaino di farina di vino apporta due grammi di proteine e tre grammi di fibra.
Vengono conservate le peculiarità delle vinacce per accostamenti sempre più azzardate
Un prodotto naturale, quindi, che però in comune con il vino ha solo una parte del nome e destinazioni d’uso che in realtà confessano la derivazione statunitense. Può essere aggiunta all’impasto dei pancakes per renderli ancora più aromatici e interessanti, dicono i produttori.
In linea generale, essendo un integratore, la farina di vino si può aggiungere a tutti gli impasti dei farinacei per dar loro un po’ di vigore, ma anche ai sughi o alle salse per profumarli al vino senza utilizzare il vino stesso. Il consiglio di Hilary Niver-Johnson è quello di giocare con gli abbinamenti vino-cibo: «Abbiamo provato il Merlot con piatti a base di fragole, il Cabernet Sauvignon con le more, il Cabernet Franc con i mirtilli, il Gewurztraminer con le pesche, il Riesling con le mele e il Pinot Noir con le ciliegie».