Dinamismo e creatività sono le chiavi del grande successo del vino italiano negli ultimi 40 anni, protagonista di un nuovo rinascimento e, al contempo, di una rivoluzione senza precedenti. Ne è convinto Piero Antinori, presidente dell’Istituto del Vino Grandi Marchi, intervenuto nell’unica sessione tutta italiana della seconda giornata di lavori dell’8° Simposio mondiale dei Masters of the Wine svoltosi a Firenze.
«Oggi – ha detto Antinori di fronte agli oltre 400 delegati del settore provenienti da tutto il mondo – i vini italiani godono finalmente del rispetto che meritano sui mercati internazionali. Per tanti anni in Italia abbiamo prodotto grandi quantità di vino a basso prezzo fino a quando, alla fine degli anni ’60, abbiamo capito che bisognava intervenire cambiando innanzitutto l’immagine del nostro Paese all’estero, associata a ‘quelli del fiasco di vino’ abbinato alla pizza e al mandolino». Per il presidente dell’Istituto del vino Grandi Marchi, a partire da quegli anni ci sono stati dei cambiamenti incredibili: «Una vera rivoluzione che ha portato a grandi innovazioni in cantina permettendo così al vino italiano di invertire la rotta passando da una produzione di quantità ad una di sempre maggiore qualità».
Esportare i nostri vini: necessarie sostenibilità e innovazioni
In questa fase di post rivoluzione, il vino italiano deve darsi nuovi obiettivi e visioni per il futuro. Sottolinea Piero Antinori che è necessario: «rimuovere quel 20% di vigneti inefficienti e non orientati al mercato, per produrre vini di alta qualità, utilizzando anche i fondi messi a disposizione dell’Unione Europea. E ci vuole una comunicazione del nostro patrimonio vinicolo all’estero; un ambito in cui l’Italia deve lavorare molto per far scoprire le molteplici personalità del nostro vigneto».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Maurizio Zanella, presidente di Ca’ del Bosco e del Consorzio Franciacorta, per il quale: «All’Italia del vino non si può attribuire un’unica identità. Nel nostro Paese, infatti, ci sono 21 diversi paesi, 21 culture e storie diverse. L’Italia vitivinicola non ha un’identità univoca ed è per questo che all’estero si fatica ad identificarci».
Tra gli interventi italiani all’8° Simposio mondiale dei Masters of the Wine svoltosi a Firenze, anche quelli di Alberto Tasca (Tasca D’Almerita) e di Gaia Gaja (Gaja) che hanno sottolineato il ruolo fondamentale dell’innovazione nel vigneto e in cantina all’insegna della sostenibilità, oltre che della necessità di un rinnovamento che passa dal confronto e dal lavoro ‘di squadra’ dei produttori italiani.