«Stiamo avviando la procedura per il riconoscimento quale patrimonio Unesco»: lo annuncia il presidente della cantina sociale Sardus Pater, Raffaele De Matteis. Siamo a Sant’Antioco dove vigne centenarie crescono sulla sabbia. Un’isola nell’isola, anche se “per andare in Sardegna”, come dicono i locali, basta attraversare un ponte che c’è dati tempi dei Romani.
Qui si coltivano solo uve a bacca rossa, il top del vitigno Carignano, e le vigne sono autoctone al 100%, allevate ad alberello “a piede franco”, cioè senza portainnesto di vite americana. Custodi di viti che mediamente superano i 70 anni di vita, con alcuni esemplari centenari, sono i 250 soci della cantina cooperativa Sardus Pater, una realtà sociale capace di produrre, con la consulenza di Riccardo Cotarella, l’Arruga 2007, “Il vino dell’anno 2012” secondo l’autorevole Guida ai vini d’Italia 2012 del Gambero Rosso 2012.
Le vigne, spiega l’enologo resident Dino Dini, sono circondate da filari di fichi d’India che piantiamo per proteggere i vigneti dal vento Maestrale che qui soffia tutto l’anno. Nella macchia mediterranea tanti microappezzamenti dove ogni viticoltore scrive da sé il suo vigneto, prendendo tralci delle piante per riprodurle autentiche senza ricorrere ai cloni dei vivai. Una scelta che ha permesso ai sardi di preservare al meglio questo patrimonio unico naturale per il quale si chiede oggi il riconoscimento da parte dell’Unesco.
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