Nel 2012, le importazioni di vino in Africa hanno raggiunto il valore di 534.5 milioni di dollari, con una crescita del 7 per cento rispetto all’anno precedente e del 445 per cento rispetto al 2002. È quanto si legge in un’analisi curata dall’osservatorio Wine Monitor di Nomisma. I primi tre Paesi africani per valore dell’import di vino (Angola, Nigeria e Costa d’Avorio) hanno visto un incremento nei propri redditi pro-capite negli ultimi dieci anni rispettivamente del 1.087 cento, del 230 per cento e del 79 per cento. I livelli assoluti si presentano ancora molto bassi, passando dai 1.200 dollari annui della Costa d’Avorio ai 5.300 dollari dell’Angola ma quella che deve essere monitorata è la crescita della cosiddetta ‘classe media’ africana.
Sono i vini spagnoli a essere più presenti nel continente africano, mentre per quanto riguarda quelli italiani l’export vale oggi quasi 13 milioni di dollari, sebbene tale valore sia cresciuto del 70 per cento in appena cinque anni. In particolare, il 43 per cento del vino italiano esportato in Africa finisce in Nigeria, dove rispetto al 2007 il valore è aumentato del 318 per cento. Segue, più distante, il Sudafrica con un altro 16 per cento. Diversi studi internazionali concordano nel prevedere uno sviluppo rilevante del numero di famiglie africane più agiate, sottolineando al contempo come già oggi la classe media (persone con più di 20mila dollari di reddito annuo) presente nel continente sia comunque più numerosa che in India.
Il vino in Africa: più ricchi ma ancora ‘colonizzati’
Secondo le analisi di Nomisma, i consumi totali di vino nell’intero continente africano sono oggi pari a circa 7 milioni di ettolitri. Di questi, la metà fa riferimento al Sud Africa (importante produttore ed esportatore di questa bevanda) mentre un altro 30 per cento risulta di pertinenza di altri sette Stati (Angola, Algeria, Marocco, Tunisia, Ghana, Nigeria e Costa d’Avorio). In particolare per Angola, Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio, non bisogna sottovalutare le potenzialità di sviluppo economico in grado di trainare, nei prossimi anni, il consumo di vino delle popolazioni locali e di quelle “immigrate” per ragioni sia storiche che di business. Non è un caso che i principali esportatori di vino in questi paesi siano rappresentati da imprese di nazioni ex-colonizzatrici o di altre presenti in loco per attività industriali. Basti pensare all’Angola, ex-colonia portoghese dove appunto il vino del paese iberico copre il 70 per cento delle importazioni di vino dello stato africano. Oppure alla Nigeria, ex-colonia britannica, dove invece è l’Australia (paese del Commonwealth con evidenti affinità culturali e linguistiche) a detenere la quota maggiore nelle importazioni di vino del paese (36%) seguita però dalla Cina (12%) che, emerge dallo studio, non figura tra i principali esportatori mondiali ma essendo comunque produttore non rinuncia ad inviare il proprio vino ai connazionali presenti in massa nel Paese africano.