Più Consorzio e meno produttori: sembrerebbe essere questo il messaggio uscito dal convegno “Vini della Valpolicella: mercati obiettivo e opportunità dell’e-commerce”, organizzato appunto dal Consorzio di tutela Vini Valpolicella. Le conclusioni vanno esattamente in direzione contraria a quanto detto nel corso del recente Vinitaly: l’e-commerce è poco adatto per la vendita diretta del vino perché è un prodotto emozionale, assimilabile ai beni di lusso. Il web andrebbe piuttosto usato per promuovere più in generale il territorio di produzione.
«Vantare un’origine garantita da un marchio collettivo, come nel caso dei vini Valpolicella – ha sottolineato Marco Sartori, vicepresidente del Consorzio – rappresenta un vantaggio competitivo importante anche nella rete. Ritengo che la strategia di comunicazione vincente sia mettere in secondo piano i brand aziendali e puntare sul territorio, in particolare per quei mercati che non conoscono bene i nostri vini». L’importanza dell’origine dei vini quale criterio di scelta è stata confermata nella recente indagine dell’Osservatorio permanente sui vini della Valpolicella, curato da Wine Monitor Nomisma.
«Il 51% dei consumatori canadesi – ha specificato Denis Pantini di Wine Monitor Nomisma – sceglie il vino rosso in base all’origine, intesa come Paese di provenienza (27%), regione (13%) e denominazione (11%). La filosofia del vino di territorio rispetto a quella di vitigno fa più fatica ad affermarsi, ma sta avendo finalmente una rivalsa rispetto a quella del vitigno».
E-COMMERCE: TROPPI COSTI E POCHE GARANZIE
«Un prodotto come il vino, inquadrabile nella categoria del lusso – ha spiegato a proposito dell’e-commerce Stefano Setti, commercialista e curatore della rubrica l’Esperto risponde del Sole 24 Ore – fa fatica a slegarsi dal ‘contatto fisico’ con il prodotto e dalla tranquillità nell’acquisto garantita dalla professionalità/conoscenza di chi vende. Proprio per questo in Italia in particolare, ma anche in diverse misure all’estero, il canale e-commerce non è particolarmente adatto al vino. I rischi più grandi sono quello di banalizzare il proprio brand e l’innesco di conflittualità con i principali clienti e distributori». Setti ha inoltre valutato in circa 800 mila euro gli investimenti necessari per una adeguata penetrazione sui mercati europei.
L’export dei vini Valpolicella sfiora il 65% del giro d’affari annuo di tre su quattro denominazioni Valpolicella DOP pari a circa 330 milioni di euro ed è focalizzato in 5 mercati storici di riferimento: Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Canada e Svizzera. «Esaminando le dinamiche dei Paesi in cui i vini rossi risultano preferiti – ha rilevato Olga Bussinello, direttore del Consorzio – emerge un graduale cambio della guardia fra Paesi storicamente produttori, che hanno consumi pro capite sempre più bassi, e Paesi in cui si deve lavorare molto sulla promozione: gli USA, 13,6 miliardi di euro, in cui il vino rappresenta solo il 10% del totale degli alcolici consumati; e la Cina, 11,1 miliardi di euro, che fra i mercati emergenti è quello in più rapida crescita».