Nell’anno della pandemia gli italiani ne hanno portano a casa di più ma non l’emiliano-romagnolo
Dalla ricerca Iri presentata nell’ambito di “Wine2Wine Exibition” per Vinitaly, nei primi 10 mesi del 2020 si evince un incremento delle vendite di vino nella grande distribuzione pari al +6,9% a valore e del +5,3% a volume, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La crescita conta in particolare sulla buona performance degli spumanti, dei vini doc e dei vini da tavola. Si aggiungano a questi dati quelli relativi alle vendite di vino online che hanno registrato un’impennata pari al +122% e del +200% per i grocery di piccole dimensioni.
«Il 2020 è stato un anno di cambiamenti – dice Andrea Sartori, Presidente del Consorzio Italia del Vino – che ha coinvolto anche il settore del vino e il relativo modo di consumare i prodotti. Si sono registrate delle crescite non costanti nel tempo dovute, appunto, all’andamento delle misure adottate in Italia e nel mondo per prevenire il contagio da Covid-19. Un’altalena di vendite che, probabilmente, riscontreremo per tutto il 2021».
A fronte di questi numeri sostanzialmente positivi, va in controtendenza il forte calo le vendite delle ‘bollicine’ prodotte in Emilia-Romagna. Dai vini frizzanti dei colli piacentini ai ‘mossi’ bolognesi o modenesi per finire con gli spumanti brut ottenuti da uve sangiovese, la crisi del vino ha colpito duramente le Doc e Docg dell’Emilia-Romagna con una flessione su base annua che si attesta mediamente al -60% per le etichette delle piccole e medie aziende viticole o cantine legate al canale Horeca e al -20% per quelle vendute sui banchi dei supermercati tramite la rete della Gdo.
E mentre nel vicino Veneto, i produttori festeggiano il record assoluto del Prosecco che con le sue Doc e Docg ha tagliato il traguardo dei 500 milioni di bottiglie certificate, dall’Emilia Romagna parte un appello al Governo: “non buttiamo via un patrimonio costruito negli anni”.