A pochi giorni dall’inaugurazione di Vinitaly, dal 22 al 25 marzo a Veronafiere, è annunciata la presenza di delegazioni commerciali da 50 Paesi per incontri b2b programmati con le aziende, e all’arrivo di professionisti del wine&food da 120 Paesi. «Il sentiment è decisamente positivo – sottolinea Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – ma per continuare a crescere bisogna imparare ad approcciare Paesi ed aree geografiche differenti».
L’indagine condotta da Vinitaly dice di positive prospettive soprattutto dai partner storici come la Germania, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. L’India, invece, si dimostra a dir poco ostica e la Russia, che pure nel 2014 ha resistito, si trova in mezzo alla peggior svalutazione del rublo degli ultimi anni, mentre il Brasile paga dazi altissimi. Risalendo il Sud America, tra i Paesi più in salute c’è il Messico, dove «la cultura del vino sta crescendo velocemente – spiega Victor Osbaldo Treviño Rincon, della Value Wine S.A De C.V. – specie se si parla di vino italiano, in crescita costante, dalle etichette toscane a quelle del Nord Italia, come l’Amarone della Valpolicella, con un occhio ai vini del Sud. Il prezzo medio si attesta sui 12-22 dollari, mentre nella fascia più bassa non c’è competizione con i vini cileni ed argentini».
Successi e prospettive del vino italiano nel mondo
Nell’emisfero Sud, c’è un Paese capace di essere, allo stesso tempo, competitor e partner: l’Australia, dove la passione per il vino italiano nasce, innanzitutto, dalla passione degli australiani per il Belpaese, scelto sempre più spesso come meta vacanze. «E quando tornano in Australia – spiega Robert Damato, di Casa Italia Gourmet – gli australiani vogliono continuare a bere i vini straordinariamente diversi scoperti durante il proprio viaggio». Partner commerciale più solido senza dubbio gli Stati Uniti, dove «la grande presenza della ristorazione italiana è il primo veicolo di promozione per il vino – come spiega Ramin Dabiri, di Vitis Imports – e poi ci sono consapevolezza e dimestichezza con le tante diverse denominazioni, tanto che a fianco delle etichette più affermate stanno emergendo i vini di Sicilia, Puglia e Montepulciano d’Abruzzo per i rossi, e Alto Adige e Friuli per i bianchi. Dopo la crisi, però, si spende qualcosa in meno, e allora se la fascia 10-25 dollari va ancora forte, sopra i 40 dollari si fa più fatica». In Canada «il vino italiano è diventato più importante di quello francese, grazie soprattutto grazie ai vini piemontesi, toscani e veneti – racconta Jean Louis Fortier, di Defori Selections – ma bisogna tener presente che qui il vino è molto caro: se in Italia una bottiglia costa 4-5 euro, in Canada arriva a 25 dollari».