La discriminazione sessuale propugnata dal presidente Usa alla base della protesta di Ghesquière
Ha fatto scalpore la partecipazione del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, all’inaugurazione in Texas di un nuovo impianto Louis Vuitton. Con il capo della Casa Bianca e la figlia Ivanka, c’era Bernard Arnault, il Ceo del gruppo LVMH: quest’ultimo, uno degli uomini più ricchi del mondo e il più ricco di Francia, si era affrettato a definire apolitica la presenza del presidente repubblicano ma per molti, l’associazione del marchio con il capo della Casa bianca è sembrata quanto meno un atto di complicità.
La reazione più eclatante è stata quella di Nicolas Ghesquière, il direttore artistico delle collezioni donna di Louis Vuitton: «Contro ogni azione politica. Sono uno stilista di moda che rifiuta questa associazione». Dichiaratamente omosessuale, lo stilista ha postato su Instagram la copertina del single di Evelyn Thomas del 1984 “High Energy” incluso nella compilation dell’album “Gay Classics, Volume 1: Ridin’ the Rainbow”.
E in poche ore, Nicolas Ghesquière ha raccolto il consenso di molti vip della moda tra cui Camille Miceli (direttrice creativa della linea accessori Louis Vuitton), Ronnie Cooke Newhouse (moglie del presidente di Condé Nast Jonathan Newhouse), la costumista Arianne Phillips e i designer Giambattista Valli e Julien Dossena (di Paco Rabanne).
Non era mai accaduto
Un gesto radicale per uno degli stilisti più famosi del mondo quello di criticare il suo datore di lavoro per un evento di così alto profilo. Louis Vuitton, LVMH e Ghesquière stesso non hanno immediatamente commentato la diatriba che ha segnato uno dei rari momenti di discordia all’interno del gruppo.
Arnault all’inizio del 2017 era stato uno dei primi a far visita al presidente-eletto alla Trump Tower prima ancor del suo insediamento. All’epoca aveva annunciato i piani dell’impianto in Texas, il terzo di Louis Vuitton negli Usa dopo i due in California, col potenziale di mille nuovi posti di lavoro nell’arco di cinque anni.