Nonostante la ormai cronica stagnazione della domanda interna e le difficoltà su diversi importanti mercati esteri, che hanno portato a un rallentamento dei livelli produttivi nella seconda parte dell’anno, il settore calzaturiero ha chiuso il 2018 con una tenuta della produzione in valore e con il l’ennesimo record assoluto dell’export.
«I risultati dell’indagine a campione condotta dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici – spiega Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici – evidenziano a preconsuntivo annuo un calo in quantità della produzione italiana del -2,6%, ma un +0,7% in valore. Secondo le cifre ufficiali Istat, nei primi dieci mesi 2018 le esportazioni nazionali sono cresciute invece del +3,9% in valore rispetto all’analogo periodo del 2017. Tra gennaio e ottobre sono stati venduti all’estero oltre 176 milioni di paia di calzature, ma con un valore che supera gli 8 miliardi di euro: un contributo notevole al saldo commerciale settoriale che, pur in lieve flessione nei primi dieci mesi vale 3,65 miliardi di euro».
I primi dieci mesi del 2018 danno risultati disomogenei e di non chiara interpretazione nell’export
Analizzando i mercati e le aree di destinazione, l’anno appena concluso registra la nuova frenata della Russia (-14,3% in quantità nei dati ufficiali Istat dei primi dieci mesi): le vendite attuali sono pari alla metà dei livelli 2013, con pesanti ripercussioni nei distretti particolarmente votati a quest’area.
Andamenti disomogenei nella Ue, dove sono dirette sette calzature su dieci vendute all’estero: tengono Germania, +2% in volume, e Regno Unito, Ma si registrano flessioni nelle quantità per gli altri principali Paesi quali Francia, che è il primo cliente in valore, Spagna, Belgio, Olanda. Incrementi dell’export si evidenziano invece in America settentrionale, con un +7,6%, pur con prezzi calanti, e nel Far East, con Cina e Sud Corea davanti a tutti.