Nell’ultima parte del 2016 e nel primo trimestre del 2017 il tessile-abbigliamento-moda, che già faceva registrare tassi di crescita maggiori di tutto il resto dell’industria italiana, ha ulteriormente migliorato il proprio trend consolidando la sua posizione di seconda industria italiana dopo la meccanica. Lo hanno ricordato Carlo Capasa e Claudio Marenzi, presidenti, rispettivamente, della Camera della moda e di Confindustria Moda, aprendo i lavori della nona edizione del “Luxury Summit” del Sole 24 Ore.
«Se consideriamo il sistema moda in senso allargato – ha detto Capasa – includendo quindi eccellenze come occhiali, gioielli e cosmetica, nel 2016 il fatturato ha sfiorato gli 84 miliardi. L’export è stato di 62 miliardi e ha portato il surplus a 25 miliardi, metà di quello italiano nel suo complesso, che nel 2016 ha registrato un record assoluto».
Il Made in Italy è ricercato nei Paesi che crescono di più al mondo
Carlo Capasa ha poi anticipato i dati del bimestre gennaio-febbraio: «Il calo verso gli Stati Uniti è passato dal -4,5% del 2016 a un -0,2%, mentre la Cina da un -0,2% è arrivata a +4,2%. Bene anche Giappone e Hong Kong, con export in aumento, rispettivamente, del 5,8% e dell’8,5 per cento. Forte ripresa infine, +19,5%, dell’export dall’Italia verso la Russia».
«La crisi mondiale innescata nel 2008 dal crac di Lehman Brothers – è intervenuto Claudio Marenzi – ha messo a dura prova il sistema moda, ma oggi guardiamo al futuro con cauto ottimismo perché il Made in Italy continua a essere apprezzato nei Paesi che crescono di più, come Cina e Corea in Asia. Non possiamo però nasconderci due problemi: il rallentamento dell’export verso gli Stati Uniti e la crescita dei flussi turistici dalla Cina verso la Russia, a scapito di Italia e Francia».