Negozi chiusi, magazzini pieni d’invenduto, consumi fermi: Confcommercio chiede urgenti sostegni
Nel settore del commercio, il comparto dell’abbigliamento, delle calzature e della pelletteria è quello che è stato maggiormente colpito dalle misure necessarie per combattere il diffondersi del contagio da Covid-19: i negozi del fashion, infatti, sono stati tra le prime attività commerciali a subire la chiusura in caso di zone rosse e questo indipendentemente dagli investimenti che possano essere stati fatti per mettere i locali in sicurezza.
Si aggiunga poi che, in generale, i consumi sono crollati per le difficoltà economiche e comunque le incertezze di reddito dei cittadini e che la contrazione delle spese è stata esercitata dalle famiglie proprio su quelle per l’abbigliamento.
Il risultato complessivo è che, nonostante i saldi invernali, l’andamento delle vendite di quest’inizio d’anno ha registrato un calo del -41,1% a gennaio e del -23,3% a febbraio. Oltretutto il riaccendersi dei contagi e quindi delle nuove chiusure non lascia spazio a segnali di recupero per i commercianti rispetto alle enormi perdite patite nel 2020. Si aggiunga poi che le mancate vendite sono anche un accumulo di merce nei magazzini e che anche questo rappresenta una zavorra per il rilancio del comparto.
Renato Borghi
presidente
Federazione Moda Italia
Confcommercio
Al nostro settore serve un sostegno immediato, reale, congruo e proporzionato alle effettive perdite, soprattutto slegato dalla soglia minima del -33% del fatturato perché i prodotti di moda seguono, come noto, le tendenze delle stagioni stilistiche e quindi sono soggetti a rapidissima svalutazione.
Abbiamo avuto a disposizione solo mezze stagioni per la vendita e abbiamo fatto subito notevole ricorso a forti promozioni e a saldi, con l’unico obiettivo di contenere le perdite di fatturato. Una soluzione che ha certamente aiutato i negozi ad avere liquidità per pagare personale, fornitori, affitti, tasse e spese vive, ma ha contestualmente generato una drastica riduzione dei margini, mettendo così a rischio il modello di business e la stessa sopravvivenza dei fashion store.