Federazione Moda Italia ha monitorato l’andamento delle vendite nel 2015 ed il dato principale è quello di una sostanziale stabilità dei fatturati rispetto al 2014 (-0,06%). Ed una conferma viene dalla rilevazione fatta dall’Osservatorio Acquisti CartaSi che vede un piccolo incremento del 3,7% delle spese effettuate dagli italiani con carte di credito nei negozi di abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, tessile per la casa e articoli sportivi, pari a una spesa di oltre 10,5 miliardi di euro.
Ma se il compratore italiano è in difficoltà, gli stranieri hanno sostenuto il mercato comprando il Made in Italy: secondo i dati sul tax free di Global Blue per Federazione Moda Italia, nel 2015 c’è stato un incremento delle vendite del 16% per i prodotti di moda, abbigliamento, calzature, pelletteria ed accessori. Suddividendo per nazionalità chi fa shopping nei negozi italiani, gli acquirenti cinesi raggiungone il 33% sul totale; quelli russi il 12%. In termini di valore assoluto per spesa media, la classifica mette sul podio Hong Kong (1.191 euro), Thailandia (1.151 euro), Singapore (901 euro). Nel 2015, quindi, i turisti hanno dimostrato di scegliere l’Italia come meta preferita del proprio shopping, attratti certamente anche dall’Expo. In particolare, il comparto fashion (abbigliamento, calzature, pelletteria e accessori) copre il 73% dell’interesse di acquisto tax free dei turisti stranieri extra Ue.
30mila chiusure a 15 mila aperture: il problema è della collettività
Secondo i dati del Fashion & High Street Report 2015, realizzato da Federazione Moda Italia-Confcommercio con World Capital Group, in collaborazione con Osservatorio Acquisti CartaSi e Global Blue, oltre agli accessori moda che hanno avuto un incremento del 5,7% rispetto al dato già positivo del 2014, si vede un segno più anche per l’abbigliamento (+4,3%) e per gli articoli sportivi (+0,4%). In calo le calzature (-2,8%) e la pellicceria (-18%).
«Il 2015 si è chiuso con una sostanziale stabilità di fatturati – dice Renato Borghi, presidente della Federazione Moda Italia-Confcommercio – ma in quattro anni il solo retail della moda ha visto chiudere in Italia circa 30mila negozi a fronte di 15mila che hanno aperto e di questi, la stragrande maggioranza è a conduzione straniera. Questo dato, insieme all’analisi del nostro Fashion & High Street Report, ci consegna un quadro che si sbaglierebbe, però, a considerare un problema solo del commercio, quando in realtà riguarda l’intera collettività. In questi primi mesi, abbiamo assistito a qualche seppur timido segnale positivo, ma sono ancora tante le imprese in sofferenza. Urge una strutturale riduzione delle tasse a famiglie e imprese, la conferma dell’eliminazione delle clausole di salvaguardia e un intervento di sostanza sulla riduzione della spesa pubblica. Solo così, e con una contestuale apertura dei rubinetti del credito – conclude Borghi, sarà possibile parlare di rilancio di consumi e di boccate d’ossigeno alla nostra imprenditoria tutta rigorosamente Made in Italy».