L’indagine su grandi e piccole entità produttive ha mostrato il rispetto del contratto di lavoro
Il “Fair Wage Network” è stato creato, su iniziativa di Daniel Vaughan-Whitehead e Auret van Heerden, in occasione della prima conferenza Fair Wage, organizzata a Washington il 26 ottobre 2009, finalizzata a far progredire le pratiche salariali lungo le filiere globali così da garantire un approccio salariale equo a livello internazionale.
Quest’anno la Cnmi-Camera nazionale della moda italiana ha collaborato con il network per una indagine speciale sulle condizioni dei lavoratori nell’ecosistema Made in Italy, la prima nel suo genere per il settore lusso. Una prima valutazione dei dati raccolti è stata presentata nel corso della conferenza digitale “Rapporto sulla sostenibilità sociale: un sondaggio tra i fornitori di moda di lusso sulle condizioni salariali in Italia”.
Realizzata a inizio 2020, la ricerca ha coinvolto un totale di 1100 dipendenti provenienti da 45 aziende in 14 regioni: sono fornitori, dalle piccole botteghe artigiane alle grandi fabbriche, attivi nei comparti tessuti, pelletteria, calzature, accessori, packaging. Il 100% delle lavoratrici e dei lavoratori ha confermato di essere coperto da un contratto collettivo di lavoro e di essere stato pagato regolarmente e senza ritardi. Inoltre, l’82% si ritiene soddisfatto del proprio salario.
Carlo Capasa
presidente
Cnmi
La sostenibilità è anche protezione del tessuto sociale della società. L’Italia rappresenta il massimo della qualità della produzione ed era importante dare una misura di quale fosse lo spaccato della situazione, anche per chi voglia venire a produrre in Italia. I risultati sono stati molto buoni. Abbiamo creato questo tavolo con brand come Armani, Gucci, Valentino, Prada, Moncler, Salvatore Ferragamo. L’iniziativa mira a migliorare progressivamente le pratiche salariali lungo la supply chain.